mercoledì 27 febbraio 2013

elezioni 2013: vince la confusione

Esiste un detto, tutto italiano: "non so più a quale santo votarmi".
Mi pare che rifletta abbastanza bene l'atteggiamento di milioni di elettori italiani in quest'ultima tornata elettorale. Certo, rimane un problema il fatto che la grande maggioranza degli abitanti dello Stivale abbia ancora bisogno di un "santo" a cui aggrapparsi. Una maggiore partecipazione di tutti/e sarebbe auspicabile.

Diciamo che, grosso modo, il voto è diviso in tre parti (astensionismo a parte): PD, Berlusconi e il M5S.
I primi due sono voti in larghissima parte conservatori.
Laddove il PD continua ad essere votato un po' perchè gestisce grosse fette di potere e un po' perchè viene ancora percepito (ma, via via, sempre meno) come partito "di sinistra", pur non essendolo più da tempo.
Berlusconi viene eletto da tutti quei settori borghesi -soprattutto piccola-media borghesia- che sotto l'onda della crisi economica e delle misure di massacro sociale (che, ironia della sorte, lo stesso Berlusconi ha portato avanti) si stanno impoverendo. Migliaia e migliaia sono le piccole imprese, negozi, laboratori che stanno chiudendo.
Questi settori piccolo-borghesi si stanno proletarizzando e la prima reazione, quasi istintiva, è quella di aggrapparsi dove possono -per non cadere- anche ad un personaggio molto discutibile come il Cavaliere. Purchè lo percepiscano come loro "difensore".

Il voto a Grillo.
Premetto che nutro scarsa fiducia in una persona che dice tutto e il contrario di tutto (magari anche cose giustissime, ma poi spesso si contraddice, anche se non lo dà a vedere) e che si limita a criticare, o a fare proposte demagogiche, molto "scenografiche", ma alla fine poco determinanti o poco realistiche.
Bisogna dire, però, che egli -grazie anche ai milioni suoi e di Casaleggio, certo- è riuscito a dare una fortissima immagine di "rivoluzionario" e a catalizzare una volontà di cambiamento, che sta emergendo prepotentemente nel nostro paese.
Il M5S rappresenta sia settori piccolo-borghesi (quelli particolarmente "avvelenati"), che ceti proletari, che si sentono orfani della sinistra e che esprimono come possono la loro giusta protesta.

Questi ultimi settori rappresentano forse la parte più "sana" del paese. Anche se la loro forma di protesta risente della confusione politico-ideologica generale dominante in Italia, nonchè del solito potente impatto mass-mediatico. E quindi finiscono per "aggrapparsi" all'uomo (che appare) forte, convinti che rigenererà catarticamente la politica italiana e magari gli risolverà i loro problemi.
Su questo sono estremamente scettico: cessata l'ubriacatura contestatrice, sarà poi la concreta gestione del potere che rivelerà chi è veramente Grillo.


Infine, non posso nascondere la mia profonda delusione per il risultato della Lista Ingroia-Rivoluzione Civile, lista che ho sostenuto.
E qui il problema è da una parte oggettivo e dall'altra, però, anche soggettivo.
Oggettivo per diversi motivi: vent'anni e più di campagna ideologica anticomunista e soprattutto in favore di un generico "nuovismo" e dell'antipartitismo ci penalizzano fortemente. A ciò si aggiungono i meccanismi elettorali "stritolanti" e la forte spettacolarizzazione mass-mediatica della politica, che oggettivamente favorisce forze o soggetti capaci di comunicare, ma che possono anche spendere ingenti risorse in ciò (Berlusconi, Grillo). E anche l'atteggiamento ostracistico nei nostri confronti portato avanti dal PD ha fatto la sua parte.

E ora veniamo al discorso soggettivo, ossia ai limiti intrinseci della Lista Ingroia e delle forze politiche che la compongono.
Per la seconda volta (dopo la "Sinistra-Arcobaleno") presentiamo una lista ultra-eterogenea, fatta all'ultimo momento e dall'identità poco definita. E ne paghiamo le conseguenze.
Qui tralascio Di Pietro, che personalmente mi interessa poco, e passo ai due partiti che mi interessano di più: Rifondazione Comunista e il PdCI.
Di sicuro la annunciata, ma poi mancata, riunificazione dei due partiti negli anni scorsi non ha giovato. La ricostruzione di un partito comunista un po' più grande e unito avrebbe evitato intanto di aggiungere confusione su confusione in un elettorato già troppo confuso.
Ma ovviamente non basta questo. Ci sono dei limiti -trasversali ad entrambi i partiti- che vanno riconosciuti per, si spera, superarli.
Il limite più grosso che è chiaramente emerso, sta sicuramente nel fatto di non avere il polso della situazione e degli orientamenti politici dei settori a cui dovremmo fare riferimento (e non certo dell'elettorato tout-court), ossia, i ceti popolari, i lavoratori, i proletari.
Questo rimanda a due nostri limiti: la mancanza di radicamento sociale e nei luoghi di lavoro e l'incapacità di leggere e capire le dinamiche sociali e di classe e i loro risvolti politici.

Per ora mi fermo qui. La situazione generale continua ad essere confusa e molto dinamica. Ma la crisi economica e l'impoverimento crescente di gran parte degli italiani, alla lunga dovrebbe portare a rafforzare quelle forze politiche che per davvero -e non solo a parole, o a urli- lavoreranno alla costruzione di un'alternativa alle politiche liberiste.
Staremo a vedere.

2 commenti:

  1. In parte condivido la rtua analisi, soprattutto i limiti della lista Ingroia, ancora prima quelli di Prc e PdCI e ancora prima, se vogliamo, tutte le divisioni a sinistra (non dimenticare anche quelle fettine piccole ma ci sono, Ferrando e Sinistra Critica), poi il discorso Sel abbarbicato al PD, infine ALBA e Cambiare si ouò che si sono dissociati per metà alla fine, critici sui metodi della candidatura RC
    Insomma se si riparte si dovrà ripartire da basi diverse. Vediamo intanto cosa esce fuori dal cilindro di Napolitano. Certo che la situazione non è rosea..
    ciao

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  2. Giovanotta, forse su questo non sarai d'accordo con me, ma a me in questo momento non interessa tanto ricomporre tutto il ceto politico che esiste a sinistra (PD escluso, ovviamente). Ciò perchè si tratta di una vera e propria galassia molto eterogenea, che nella maggior parte dei casi rappresenta solo sè stessa e alimenterebbe la confusione. Io penso che bisogna partire dai partiti comunisti un po' più strutturati e presenti nella società e, diciamo, un po' meno settari degli altri. Poi vorrei allargarmi non tanto ai numerosi intellettuali ex sessantottini, quanto alla società vera e propria e soprattutto ai lavoratori e ai disoccupati. Detto proprio in estrema sintesi. Il discorso sarebbe un po' più complesso. Un saluto

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