sabato 13 dicembre 2014

mafia capitale: il privato è il problema, non la soluzione


Che nei decenni scorsi Roma fosse controllata da poteri mafiosi ci voleva poco a capirlo.

Basterebbe farsi un viaggetto in città come Lisbona, Madrid o Atene (senza scomodare le varie Londra, Berlino e Parigi) per rendersene conto: lì abbiamo città relativamente pulite, infrastrutture moderne, servizi efficienti, a cominciare dal trasporto pubblico (Atene forse non tanto, ma comunque sempre meglio di Roma).

A confronto di città come Madrid, Roma assomiglia molto più a Calcutta o al Cairo: caos, sporcizia, traffico, disordine, scarso rispetto del codice stradale, mezzi pubblici sempre pienissimi (quando si degnano di passare), poca attendibilità delle indicazioni e degli orari, ecc.



In effetti dà da pensare il fatto che a Madrid sono bastati 3 anni di lavori per costruire una nuova linea metropolitana di ben 30 stazioni, mentre a Roma ci sono voluti 7-8 anni per prolungare la linea A da Ottaviano a Battistini (5 fermate) e altrettanti per la linea B, da Piazza Bologna a Conca d'Oro (3 fermate), nonostante che entrambe le tratte si trovassero in zone di Roma praticamente prive di rovine archeologiche. Taccio per pudore sulla linea C.



Eppure a Roma girano sicuramente molti, ma molti più soldi che in città quali Madrid, Lisbona o Atene. Dove vanno a finire tutte queste immense risorse? Evidentemente in mani private (e buona parte anche alla Chiesa Cattolica, per la verità).



Non mi dilungo su tutto il vastissimo sviluppo del mondo della corruzione romana, anche perchè forse non basterebbe un intero libro per renderne conto in modo esaustivo. E comunque è compito della magistratura farlo.

Ma alcune considerazioni politiche andrebbero fatte:



  1. non è vero che "sono tutti uguali".

Il mio non vuole certo essere un goffo tentativo di difendere la "sinistra" (anche perchè non ho mai considerato tale il PD, fin dalla sua nascita).

E' ovvio che "mafiopoli" a Roma esiste da decenni e ha tranquillamente prosperato sotto i mandati di Rutelli e di Veltroni, coinvolgendo non pochi esponenti dell'attuale PD.

Anche se c'è da rilevare che con Alemanno tale sistema di governo corrotto si è sviluppato al massimo e s'è aggravato e generalizzato come mai prima.


Contro ogni retorica anti-partito, ci sono dei partiti che sono rimasti del tutto estranei a tali pratiche, come Rifondazione Comunista (lo stesso Luigi Nieri, che peraltro non risulta nemmeno indagato, è uscito nel 2008 dal PRC e ora si trova in SEL).

Non solo: sia Rifondazione Comunista che il PdCI hanno ripetutamente denunciato tali illegalità negli anni scorsi, ma sono rimasti inascoltati.



  1. il privato è il problema e non la soluzione

Come è tipico di un paese provinciale, come l'Italia -dove anche nei grandi capitalisti domina una mentalità da bottegaio furbetto- subito si approfitta dell'inchiesta su mafia capitale, per riproporre le solite privatizzazioni, in questo caso delle aziende municipalizzate (come se le privatizzazioni non avessero già fatto troppi danni, vedi Telecom, Alitalia, Trenitalia, ILVA, ecc.).



Ma oggi non siamo più negli anni 80-90, ai tempi di Tangentopoli: allora chi rubava, lo faceva per il partito. Oggi chi intasca illecitamente soldi, lo fa per sè (o al massimo per la propria cricca o clientela).

Le privatizzazioni porteranno ulteriormente acqua al mulino dei vari Caltagirone, ossia, di aziende che faranno profitti elevati, licenziando migliaia di lavoratori (è questo il primo biglietto da visita del privato), e soprattutto erogando servizi in funzione del solo rendimento economico.

Ossia, tradotto: se l'utenza avrà soldi da spendere, otterrà un servizio discreto, se non può farlo si dovrà accontentarne di uno pessimo, o di nessun servizio proprio (ad esempio, quartieri periferici popolari rimarrebbero praticamente privi di trasporto pubblico).

Le privatizzazioni faranno la felicità proprio dei vari Buzzi (ossia, finte cooperative, ma di fatto aziende capitaliste) e degli altri affaristi più o meno corrotti.

Di solito, poi, quando si privatizza, la parte più onerosa del servizio, e anche quella meno redditizia, rimane in mano pubblica (cioè a spese nostre).





Le privatizzazioni sarebbero dunque un rimedio peggiore del male.

Ciò perchè in realtà "mafia capitale", a differenza di ciò che comunemente si crede, non è il risultato della semplice disonestà delle persone. E' proprio il modo in cui di solito il capitalismo funziona, nelle sue aree periferiche.
La corruzione generale e le varie mafie del Sud Italia sono state il prodotto di politiche che dall'Unità d'Italia hanno sempre favorito il Settentrione (e in modo particolare il triangolo industriale) a scapito del resto dell'Italia.

La cosa s'è poi aggravata per il fatto che dal '45 siamo -di fatto- una semi-colonia americana (la mafia siciliana è prosperata nel dopoguerra proprio grazie agli USA).



Solo il pubblico controllato può e deve ovviare al sistema di corruzione imperante a Roma e in Italia. E per questo serve che il popolo deve partecipare attivamente alla politica e non disinteressarsene.

Il più grande successo dei politici (e imprenditori) disonesti si ha proprio quando "la gente" si allontana dalla politica dicendo "tanto sono tutti ladri".

lunedì 1 dicembre 2014

Malcontento, criminalità, degrado, immigrazione.

A scanso di equivoci, dico subito che concetti quali "buonismo" o "tolleranza" non mi appartengono. E a ben vedere non appartengono praticamente a nessuno.
Se di tolleranza si può parlare, in Italia, è quella che c'è sempre stata verso l'illegalità in genere (siamo pur sempre il paese dell'evasione fiscale, dell'abusivismo edilizio e delle grandi organizzazioni criminali, e altro ancora).


In realtà, più che essere "buono" o "tollerante", chi governa dovrebbe, secondo me, fare qualcos'altro: studiare i vari fenomeni problematici (criminalità, ecc) per capire come intervenire in modo adeguato. Altrimenti rischiamo di scadere nei soliti slogans, tanto suggestivi, quanto demagogici e irrealistici, quali "tolleranza zero". Oppure si approvano leggi, quali la Bossi-Fini, improntati alla repressione, e che addirittura introducono il reato di clandestinità, ma con i risultati che abbiamo sotto i nostri occhi.
Contrariamente all'apparenza, diversi dati statistici dimostrano che immigrazione e delinquenza sono fenomeni che hanno poco a che fare l'uno con l'altro. Anche se in parte si intersecano.


Cominciamo dal primo fenomeno: l'immigrazione.
Intanto la prima cosa da rilevare è che la percezione comune degli italiani sugli immigrati è fortemente distorta dalla realtà dei fatti, e risente di numerosi pregiudizi e stereotipi.
In un sondaggio recente, infatti, gli intervistati ritengono -in media- che la percentuale di extracomunitari rispetto al totale della popolazione residente in Italia sia intorno al 30%. Nella realtà essa è del 7% (una differenza molto significativa).
Anche la percentuale degli islamici è fortemente sopravvalutata, rispetto alla reale consistenza. La stragrande maggioranza degli immigrati, inoltre, lavora e quelli che delinquono sono una infima minoranza (ma che purtroppo fa tantissima notizia).
Tra l'altro non risulta che ci sia stato un aumento significativo degli eventi criminali negli ultimi 25 anni (periodo del boom dell'immigrazione).


La percezione diffusa -in Italia- rispetto all'immigrazione è poi fortemente condizionata da una sterminata serie di "notizie" – riportate quasi sempre in modo scorretto e distorto, quando non proprio inventate di sana pianta- e bufale varie, che girano ad esempio, sui social network (soprattutto facebook), le quali cercano di suscitare indignazione sulla gente, fantasticando improbabili servizi, alloggi o sussidi che sarebbero elargiti generosamente agli immigrati (perfino clandestini), e negati agli italiani.
Si tratta di fantasie allo stato puro, eppure credute per vere da non poche persone, e sulle quali le varie forze di destra, in mancanza di argometi più seri, tentano di costruire i loro successi, speculando sulla creduloneria della gente.


Molti italiani si domandano: "ma perchè non se ne stanno/tornano a casa loro?"
La risposta è che secondo me la stragrande maggior parte degli extracomunitari ritornerebbero molto volentieri "a casa loro" se ce ne fossero le condizioni: ossia, se i paesi ricchi (inteso ovviamente le grandi multinazionali e il potere finanziario) la smettessero di sfruttare pesantemente le risorse dei loro paesi, condannandoli al sottosviluppo, e, come se già non bastasse, fomentando continuamente conflitti vari, per accaparrarsi delle loro ricchezze, oltre che per arricchire le grandi lobbies delle armi.


Passiamo alla criminalità.
Ovviamente il tema è vastissimo e complesso, per con cui poche righe si può farne sono una breve e non esaustiva sintesi.
Intanto andrebbe premesso che in Italia i fenomeni criminali (e l'illegalità in generale) sono stati storicamente molto "tollerati" (quando ancora di immigrati non se ne vedeva nemmeno l'ombra). Non a caso siamo, tra l'altro, la patria delle varie organizzazioni mafiose. A mio modesto parere, se si vuole contrastare seriamente la criminalità, occorre agire -molto sinteticamente- su due versanti: da una parte, le istituzioni dovrebbero intervenire per eliminare il più possibile le condizioni di degrado e di emarginazione sociale e lavorativa, garantendo a tutti i cittadini la possibilità CONCRETA di guadagnarsi da vivere onestamente.
A quel punto -ed è il secondo versante- la legge può, anzi deve intervenire in modo inflessibile ed efficace contro chiunque commetta atti criminali (altrochè "buonismo").


Infatti, se è inutile punire, ad esempio, un ladro, quando questo non ha altri mezzi per poter sopravvivere, diventa assolutamente necessario farlo nel momento in cui egli ha la possibilità effettiva di vivere onestamente, lavorando.
Quando poi si ha a che fare con la grande criminalità organizzata, lì occorrerebbe intervenire in modo pesante.
Ma non certo -come si fa da noi- in modo "scenografico", tipo mandando l'esercito per le strade (non ne vedo proprio l'utilità). Bensì colpendo tali organizzazioni soprattutto a livello economico e soprattutto colpendo "in alto". Serve a poco arrestare i piccoli pesci, facilmente sostituibili.


Tornando al nesso criminalità-immigrazione -fenomeno, come già detto, molto più limitato di quanto appaia- vanno quantomeno distinte due tipologie di casi (in realtà sarebbero di più, ma mi attengo ai casi più frequenti):
Tra gli immigrati ci sono i delinquenti "incalliti", ossia, quelli che erano già tali al paese loro, prima di venire in Italia. E lì sì, che servirebbe un intervento in modo deciso.
Ma non sempre è facile: alcuni di loro godono di qualche forma di protezione, magari perchè legati a grandi organizzazioni criminali mafiose (italiane o internazionali), con agganci nelle istituzioni, o perchè comunque fanno comodo a qualche potente.
Molti delinquenti, poi, arrivano da noi grazie a veri e propri accordi tra lo Stato italiano e quello del loro paese di provenienza (di cui non si parla, per ovvi motivi; è il caso di numerosi criminali romeni).


Poi ci sono i ladruncoli diciamo "occasionali", ossia poveri disperati che rubicchiano per sopravvivere. Nella quasi totalità dei casi essi smettono di farlo non appena riescono a trovare un briciolo di lavoro.


In conclusione, tutto il malumore della popolazione contro il degrado e la delinquenza è perfettamente comprensibile.
Ma ciò è dovuto alla tendenza da parte delle istituzioni e del ceto politico (direi "bipartisan") a far politiche che privilegiano i ceti sociali più abbienti e -territorialmente- i quartieri più centrali (o residenziali) delle città. Mentre, al contrario, si scaricano tutti i problemi e l'incuria nelle zone dove abitano i ceti più proletari.
Poi, un po' l'ignoranza, un po' le speculazioni politiche delle destre, spingono molti cittadini esasperati a prendersela -a torto- contro gli immigrati (o contro i Rom).


Servirebbe un intervento appropriato (e non propagandistico) se si vuole veramente contrastare le condizioni di degrado e insicurezza. Ma temo che finchè domineranno le politiche liberiste -e finchè ci sarà capitalismo- sarà molto difficile: le condizioni di degrado, povertà, emigrazione (sia di italiani all'estero che di extracomunitari da noi), disoccupazione, sono connaturate al capitalismo.