lunedì 12 settembre 2016

Giunta Raggi, le difficoltà hanno diverse cause


Oggi potrebbe sembrare fin troppo facile "sparare sulla croce rossa", attaccando la neo-sindaca di Roma, Virginia Raggi e la sua giunta "raffazzonata". Ma a me, più che gettare benzina sul fuoco, interessa fare -e invitare a fare- dei ragionamenti di fondo.

I pentastellati da una parte hanno ragione quando affermano che è in atto una campagna mediatica di giornali e TG contro di loro (anche e soprattutto in vista del referendum costituzionale).
Peccato che moltissimi sostenitori di Grillo scoprano soltanto ora la faziosità dei mass-media e la strumentalità delle loro campagne diffamatorie. Mi auguro, comunque, che essi facciano tesoro di questa "scoperta" e se ne ricordino anche in futuro, quando ad essere prese di mira saranno pure le altre forze politiche, italiane o anche paesi esteri (vedi ad es. Libia, Iraq, Russia, ecc.).

Ritorniamo ai problemi della Giunta Raggi.
Mesi fa, prima delle elezioni comunali romane, avevo previsto 2 o 3 possibili scenari, nel caso che avesse vinto il M5S. La realtà, devo dire, mi ha sorpreso e ha prodotto un quarto scenario, da me non previsto (e credo da pochi).
Ossia, che la crisi e il rimpasto della giunta sarebbero arrivati a soli tre mesi dall'insediamento di questa, e già sulle nomine degli incarichi istituzionali e di responsabilità.
Non entro nel merito delle vicende relative a Ranieri, Minenna, Muraro, Marra, ecc., di tutto ciò si è già abbondantemente parlato, e non sono interessato all'aspetto cronachistico, bensì semmai alle questioni di fondo, che di solito passano inosservate ai più.

Sui limiti del M5S ho già trattato altro volte sul mio blog, per cui mi limito a qualche breve accenno molto sintetico.
Se il punto forza del "movimento" sta di sicuro nelle sue capacità comunicative -indubbiamente eccezionali- per il resto tale forza politica lascia parecchio a desiderare e sembra essere un classico fenomeno di opinione, quasi una moda.
In modo particolare, la mancanza -anzi, il rifiuto- di una visione complessiva e coerente della società e della politica, se permette al M5S di acquisire consensi di massa di ogni tipo e colore politico, genera, tuttavia, alla lunga un'enorme confusione, aggravata dalle modalità selettive dei loro candidati elettorali. Non è un caso che un'elevata percentuale di eletti pentastellati finiscano poi per "litigare" con Grillo, e non di rado vengano cacciati via.
Anche perché un conto è la politica "urlata" (di solito, poi, diretta contro personaggi secondari, anche se noti al grande pubblico) e un altro è quella istituzionale, fatta di mediazioni fra interessi, fatta di "poteri forti", di pressioni -perfino di minacce- e dove si devono gestire centinaia di milioni, se non miliardi (per cui, l'auto-ridursi lo stipendio, sebbene appaia una misura da apprezzare, incide in realtà sui bilanci in modo del tutto trascurabile).
Tra l'altro, termini come "onestà", che pure fanno presa su un elettorato politicamente ingenuo, finiscono per occultare la realtà di un un paese capitalistico e membro della NATO, come l'Italia, dove la politica è, di fatto, completamente subordinata agli interessi di soggetti potentissimi -italiani e stranieri- quali le multinazionali, le banche, la BCE, gli USA. Quei pochi che hanno provato, in passato, ad opporsi, hanno fatto una brutta fine (Enrico Mattei, Aldo Moro, ecc.).

Di nuovo, ritornando sulla Giunta Raggi, secondo me occorre fare una riflessione su almeno tre questioni.

La prima riguarda il Comune di Roma.
La carica di sindaco capitolino è diventata in questi ultimi anni una vera e propria "patata bollente" (Marino ne sa qualcosa). Vuoi perchè lo Stato ha fortemente decurtato i finanziamenti agli Enti Locali, vuoi per la questione del debito (composto in gran parte dagli interessi sul debito precedente, ma, si sa, il lucro delle banche è "sacro", mentre Roma e i suoi abitanti contano molto meno), vuoi per gli enormi problemi accumulati che si porta dietro questa città, i quali, certo, in questo clima da "spending review" non solo diventano del tutto irrisolvibili, ma si rivela un'impresa ardua anche solo provare a metterci una toppa. Per non parlare di "Mafiacapitale".
Insomma, diventare oggi sindaco di Roma significa, con una probabilità quasi certa, bruciarsi.

La seconda questione riguarda il sempre più continuo e massiccio intervento -negli assetti politici- della magistratura, nonché dei mass-media e delle loro campagne diffamatorie. Quando poi il lavoro della magistratura si associa a quello dei giornali e dei TG -il che non avviene sempre, ma avviene- ecco che un personaggio o un governo o una giunta, eletti dai cittadini, finiscono per decadere (o vengono fortemente condizionati/ricattati).
Da notare che quando si parla di magistratura, si parla di esseri umani corruttibili (e spesso corrotti o comunque condizionati), e che in passato in Italia hanno mandato assolti terroristi stragisti, hanno depistato le indagini (o le hanno ignorate), ecc. Insomma, detto fra noi, Falcone e Borsellino sono stati più un'eccezione che non la regola.

C'è poi una terza questione, quella relativa al consenso di massa che ha oggi il M5S. Un consenso derivante da malumori, sofferenze, delusioni, spaesamento, rabbia, ma anche speranza e volontà di cambiamento.
Il consenso ai pentastellati è per la verità assai eterogeneo a livello sociale. Ci sono settori di piccola, media e perfino di grande borghesia che appoggiano Grillo, a causa dei grossi problemi derivanti da una parte dalla crisi economica e, dall'altra, dalle politiche dell'Unione Europea -e soprattutto dell'area-Euro- che sta portando a fallimenti e chiusure di aziende, negozi e altre attività. Ma questi settori mi interessano fino ad un certo punto.

Molto più significativo, a mio avviso, è il massiccio consenso popolare di cui gode attualmente il M5S. E che soprattutto a Roma risulta molto evidente (i voti alla Raggi provengono soprattutto dai quartieri periferici e popolari).
Sulle sofferenze dei ceti proletari c'è poco da scoprire. La crisi economica e le politiche liberiste stanno letteralmente massacrando in modo particolare i lavoratori. Il lavoro è sempre più precario e sottopagato, le pensioni stanno per diventare un miraggio per le giovani generazioni, i servizi sociali sono sempre più scarsi e soggetti a tagli, accendere un mutuo sta diventando un'utopia, e così via.

Una grossa fetta di questo malcontento si è rivolta, negli scorsi anni, al "movimento" di Grillo (e Casaleggio), convinta di trovarsi davanti finalmente una forza politica veramente nuova e diversa dalle altre e che avrebbe mandato a casa ladri e corrotti.
Solo che ci stiamo sempre più accorgendo che le cose non sono così semplici, E, proprio per questo, i pentastellati riescono a dare il meglio di sé soltanto quando sono all'opposizione e devono criticare gli altri. Quando sono loro a governare, il discorso cambia aspetto.
D'altronde un grosso errore che commettono è quello di additare come responsabili dei problemi dell'Italia soprattutto i soliti politici "ladri e disonesti".
E questo è falso.
Ruberie e corruzioni esistevano anche durante gli anni '60, in pieno boom economico, nonché nei decenni successivi, quando pure c'era un relativo benessere diffuso anche tra i ceti popolari.
Non solo, l'Italia soffre (ed è indebitata) anche a causa di una piaga enorme, cioè la gigantesca evasione fiscale dei ricchi, sulla quale, curiosamente, il M5S è sempre stato silente.

In realtà la causa principale dei problemi economico-sociali dell'Italia, debito pubblico compreso, risiede nelle politiche liberiste, attuate massicciamente nei decenni scorsi (e, in ultima analisi, nel capitalismo).
Dunque, tutto il malcontento popolare -che sfoci nel M5S o nell'astesionismo o in altre forze politiche, poco cambia- è ampiamente comprensibile e legittimo.
Ma affinchè esso possa tradursi anche in un'azione politica efficace, deve prima prendere coscienza che il problema sta soprattutto nelle politiche liberiste che ci impone l'Europa (e la Confindustria).
E anche, per la verità, nelle politiche guerrafondaie della NATO, per le quali l'Italia spende quotidianamente cifre veramente astronomiche (anche se nessuno ne parla).

Se il PD sostiene nettamente tali politiche (liberiste e guerrafondaie), tuttavia nè la Lega di Salvini, nè il M5S, nonostante i loro proclami "rivoluzionari", esprimono in realtà, su queste, una posizione chiara e definita, e preferiscono non sbilanciarsi.

Chissà, forse le loro componenti borghesi non accetterebbero una loro contrarietà.