In questo maggio ci sono state delle
votazioni in diversi paesi europei. Le più importanti sono state le
presidenziali in Francia e le politiche in Grecia.
In modo particolare, in quest'ultimo
paese la bocciatura delle politiche restrittive, del "rigore",
decise dalla BCE e dal FMI da parte del popolo ellenico non poteva
essere più netta!
Ma anche in Francia Sarkozy ha subito
una dura sconfitta. Vincitore, come sappiamo, è stato Francoise
Hollande, che ha promesso -se poi lo manterrà è ancora tutto da
vedere- un cambiamento nelle politiche economiche. Decisivo per il
trionfo di Hollande è stato l'apporto del Front de Gauche (e del
PCF).
Nelle ultime amministrative italiane il
dato sicuramente più importante è stato l'aumento
dell'astensionismo. Il secondo dato significativo è l'ascesa dei
"grillini". In entrambe i casi è la protesta (o la
disillusione) a prevalere.
Ma la cosa forse più significativa
sono i risultati delle elezioni in due laender tedeschi: soprattutto
nel Nordreno-Westfalia la CDU, il partito di Angela Merkel, prende
una batosta.
Se pensiamo che la Germania è fra gli
Stati europei meno toccati (finora) dalla crisi economica, e dove
(ancora) non si parla di manovre restrittive, il risultato è
veramente notevole!
Quindi, al di là delle differenze tra
paese e paese, il dato comune che emerge è la netta contrarietà
all'Europa delle banche. Quella che ha imperato finora.
Per la Grecia si profila addirittura
un'uscita dall'euro. Non sappiamo al momento se ciò accadrà, ma
penso che quest'eventualità -anche nel caso dell'Italia- avrebbe
vantaggi, ma anche svantaggi.
La questione da risolvere, secondo me,
è un'altra: lo strapotere del capitale finanziario.
Non mi stancherò mai di ripetere che
la Cina è uscita dalla crisi perchè lì lo Stato controlla le
banche e non viceversa, come da noi.
C'è un meccanismo perverso e assurdo,
per il quale la BCE quando presta i soldi agli Stati, i cosidetti
"aiuti" (a mettersi il cappio) non li dà direttamente a
loro, bensì alle banche, ad un tasso molto basso (circa l'1%) di
interesse. Queste le prestano agli Stati con tassi del 4% e oltre!
Realizzando, così, guadagni colossali, ovviamente a nostre spese.
Gli aumenti delle tasse, i tagli alle
pensioni, ai servizi, ecc. vanno a finire in gran parte lì, alle
banche. Oddio, un (bel) po' anche al Vaticano e ai vari potentati
economici.
O anche per l'acquisto (18 miliardi di
euro) degli inutili (e per giunta difettosi) cacciabombardieri F35.
Poi, per creare lavoro, per i servizi
sociali, per le pensioni..."non ci sono i soldi"!!!
Serve a poco prendersela genericamente
con i partiti. Anche se quelli che sono oggi in parlamento fanno
politiche sicuramente molto discutibili.
Tornando all'Europa, bisogna dire che i
greci, attraverso le loro lotte prima e tramite il voto ora, hanno
dato un chiaro e forte segnale all'europa dei banchieri. Un segnale
che è stato ampiamente colto.
In Italia, come al solito, facciamo
ridere i polli: il PD non solo continua ad appoggiare il banchiere
Monti, ma purtroppo continua ad esercitare una notevole influenza sul
sindacato più forte, la CGIL, frenandone l'attività. Il minimo, ma
veramente minimo, che andrebbe fatto è uno SCIOPERO GENERALE.
Per il resto, gli italiani non sanno
che pesci prendere e sfogano la loro (sacrosanta) rabbia in un
generico odio contro la politica tuot-court (senza distinzioni)
andando ad incrementare l'astensionismo elettorale, oppure con il
voto di (sterile) protesta grillino. In entrambe i casi alle banche
facciamo il solletico.
Serve una forza politica (e un
sindacato) seriamente di sinistra. Veramente dalla parte del popolo.
Solo una sinistra seria, forte, coraggiosa (ma non estremista) potrà
cambiare le cose.
Così è accaduto in Grecia e in
Francia. Così dovremo fare pure da noi.
il primo passo per emancipare un popolo e renderlo libero non è quello di farlo votare, bensì quello di istruirlo e renderlo consapevole e cosciente
giovedì 24 maggio 2012
giovedì 17 maggio 2012
12 maggio. Tornano i comunisti. In massa
Il 12 maggio si è tenuta la prima manifestazione nazionale della Federazione della Sinistra (Rifondazione C., PdCI, Socialismo 2000, Lavoro e Solidarietà). E' stata un grande successo: 40 mila persone! E consideriamo che era della sola FdS. Decisamente oltre le aspettative.
Il corteo è stato indetto contro il Governo Monti. Che non solo ha proseguito le manovre del precedente Governo Berlusconi, ma è stato capace persino di aggravarle. L'attacco pesante alle condizioni di vita di milioni di lavoratori/pensionati/precari e persino ai "ceti medi" -dietro diktat delle banche europee, tedesche in primis- sta producendo, come risultato estremo (ma neanche poi tanto) una catena di suicidi mai vista prima.
Dopo il corteo, dal palco hanno parlato, oltre naturalmente a Salvi, Diliberto e Ferrero, anche dirigenti del Partito Comunista Francese (grande successo col Fronte de Gauche alle presidenziali francesi), del P.C.Portoghese e di Syriza (anche qui enorme successo alle ultime politiche in Grecia).
L'onda lunga del malcontento, che si sta diffondendo in tutta l'Europa, si incomincia a sentire pure da noi.
Le recenti elezioni in Grecia e in Francia hanno -seppur con sfumature differenti- dimostrato la sconfitta delle politiche imposte dall Europa delle banche. E persino in alcuni laender tedeschi, la CDU, il partito della Merkel, ha subito una fortissima sconfitta elettorale.
Anche in Italia il malcontento si è manifestato alle ultime amministrative, intanto con un forte aumento dell'astensionismo (che non è mai un buon segno), e poi con il prevedibile boom del Movimento 5 Stelle (ossia, i "grillini").
Perfettamente logico, se ci pensate: Beppe Grillo APPARE l'unica voce "fuori dal coro" e inoltre gli è stata data una visibilità mediatica veramente immensa.
Visibilità che, viceversa, è stata scientificamente negata alla FdS.
Ma se Grillo non fa parte della "casta" dei politici (ma pure Berlusconi, se vi ricordate, quando "scese in campo", si vantò di non farne parte), fa parte sicuramente di quella dei miliardari (guadagna oltre 10 volte quanto un deputato medio)..
Anche per questo motivo, la manifestazione del 12 maggio è stata importante. Ci siamo conquistati (da soli) una visibilità. I lavoratori, i pensionati, i disoccupati, gli esodati devono vedere che esiste una forza politica che rappresenta e difende i loro interessi, anche non stando in parlamento.
E che in questi anni è sempre stata al fianco delle battaglie per la difesa dei diritti e della dignità dei ceti popolari.
E, forte del successo di questa manifestazione, la FdS lancia un appello all'unità delle forze di sinistra. Rivolto soprattutto a Sinistra Ecologia e Libertà e all'Italia dei Valori.
Se il PD insiste a voler sostenere l'uomo delle banche (del FMI e della BCE) e le sue ricette "argentine" (o greche) e se insiste a voler inseguire Casini, se ne assumerà le sue responsabilità.
In Italia la sinistra c'è! I comunisti
ci sono!
mercoledì 2 maggio 2012
1 Maggio. Festa del lavoro. Che non c'è...
Perchè c'è tanta disoccupazione?
Perchè manca il lavoro, o è precario?
La risposta è semplice e complicata allo stesso tempo: perchè non ci sono investimenti.
Per investimenti si intendono quelli produttivi e/o per le infrastrutture necessarie (non sono investimenti produttivi, ad esempio, le colate di milioni di metri cubi di cemento con la relativa speculazione edilizia, o opere faraoniche quanto inutili, come la TAV in Val di Susa o il Ponte sullo Stretto di Messina).
Gli investimenti creano occupazione, migliorano il tenore di vita della popolazione, alimentano i consumi e fanno ripartire l'economia, generando ulteriore occupazione.
In Cina la crisi economica degli ultimi anni (che si è sentita pure lì) è stata superata proprio grazie ad un gigantesco piano di investimenti e all'aumento del salario deciso dal governo.
Solo che lì governa un partito comunista. Da noi no: governano le banche!
Sorge una domanda: chi deve fare gli investimenti?
In teoria dovrebbero essere gli imprenditori privati a farli, dato che viviamo un una società capitalistica (e che tanto esaslta i privati).
Ma scordiamocelo!
Gli imprenditori (tranne poche eccezioni) investono soltanto quando hanno ottime prospettive di realizzare profitti a breve termine. Altrimenti se ne guardano bene. E in modo particolare quelli italiani, i quali brillano per mentalità "bottegaia" e una pressocchè totale assenza di lungimiranza.
A questo si aggiunge il fatto che oggi le banche tendono a chiudere sempre più i rubinetti finanziari agli imprenditori.
Quindi, tocca allo Stato investire. Così è stato negli anni '30 (vedi Keynes).
Potrebbe sembrare assurdo che gli Stati debbano investire, quando abbiamo il problema del debito pubblico da risolvere. Ma non lo è affatto.
Ora, a parte il fatto che il debito pubblico non è necessariamente un problema (non lo è stato per tanti anni), c'è da dire che se l'economia dovesse ripartire grazie agli investimenti, il problema del debito pubblico si può quantomeno contenere.
Maggiori investimenti significano, infatti (come già detto) più lavoro, più consumi e quindi alla fine si traducono in maggiori introiti per lo Stato. Sia sotto forma di maggiori entrate fiscali, sia come acquisto di titoli di Stato.
E fin qui siamo alla visione keynesiana.
Il discorso marxista è un po' diverso e più profondo e analitico.
Per Marx, la disoccupazione (che chiama "esercito industriale di riserva") è connaturata al capitalismo. Il capitalismo produce spontaneamente disoccupazione e se ne serve per mantenere bassi i salari (grazie al classico ricatto: o accettate basse paghe e/o ritmi di lavoro pesanti, oppure vi licenzio; tanto è pieno di disoccupati che sono pronti a prendere il vostro posto).
Soltanto con il superamento del capitalismo e, quindi, della produzione per il profitto, si potrà distribuire il lavoro a più persone possibile ("lavorare meno, lavorare tutti") e ad eliminare definitivamente la piaga della disoccupazione.
Il problema è che oggi in Europa comandano le banche (e soprattutto la BCE). E queste rifiutano categoricamente una soluzione di tipo keynesiana. Figuriamoci quella socialista-anticapitalista.
E quindi o ci rassegnamo allo strapotere dittatoriale bancario -Monti ci è stato imposto da queste- accettando la disoccupazione (nonchè la precarietà e il supersfruttamento di chi ha la "fortuna" di lavorare), oppure ci organizziamo per cambiare le cose.
E per cambiare le cose, non ci sono scorciatoie: occorre LOTTARE. E organizzarci.
Non serve correre dietro l'uomo forte, o il grande leader carismatico e neppure agli "urlatori" di professione. Specie se non è chiaro dove vogliono arrivare.
Bisogna lottare, ma in modo organizzato, intelligente e con coscienza.
Per questo serve -sò di essere tremendamente controcorrente- un PARTITO.
Sì: un partito!
Un partito con un programma chiaro e coerente.
La risposta è semplice e complicata allo stesso tempo: perchè non ci sono investimenti.
Per investimenti si intendono quelli produttivi e/o per le infrastrutture necessarie (non sono investimenti produttivi, ad esempio, le colate di milioni di metri cubi di cemento con la relativa speculazione edilizia, o opere faraoniche quanto inutili, come la TAV in Val di Susa o il Ponte sullo Stretto di Messina).
Gli investimenti creano occupazione, migliorano il tenore di vita della popolazione, alimentano i consumi e fanno ripartire l'economia, generando ulteriore occupazione.
In Cina la crisi economica degli ultimi anni (che si è sentita pure lì) è stata superata proprio grazie ad un gigantesco piano di investimenti e all'aumento del salario deciso dal governo.
Solo che lì governa un partito comunista. Da noi no: governano le banche!
Sorge una domanda: chi deve fare gli investimenti?
In teoria dovrebbero essere gli imprenditori privati a farli, dato che viviamo un una società capitalistica (e che tanto esaslta i privati).
Ma scordiamocelo!
Gli imprenditori (tranne poche eccezioni) investono soltanto quando hanno ottime prospettive di realizzare profitti a breve termine. Altrimenti se ne guardano bene. E in modo particolare quelli italiani, i quali brillano per mentalità "bottegaia" e una pressocchè totale assenza di lungimiranza.
A questo si aggiunge il fatto che oggi le banche tendono a chiudere sempre più i rubinetti finanziari agli imprenditori.
Quindi, tocca allo Stato investire. Così è stato negli anni '30 (vedi Keynes).
Potrebbe sembrare assurdo che gli Stati debbano investire, quando abbiamo il problema del debito pubblico da risolvere. Ma non lo è affatto.
Ora, a parte il fatto che il debito pubblico non è necessariamente un problema (non lo è stato per tanti anni), c'è da dire che se l'economia dovesse ripartire grazie agli investimenti, il problema del debito pubblico si può quantomeno contenere.
Maggiori investimenti significano, infatti (come già detto) più lavoro, più consumi e quindi alla fine si traducono in maggiori introiti per lo Stato. Sia sotto forma di maggiori entrate fiscali, sia come acquisto di titoli di Stato.
E fin qui siamo alla visione keynesiana.
Il discorso marxista è un po' diverso e più profondo e analitico.
Per Marx, la disoccupazione (che chiama "esercito industriale di riserva") è connaturata al capitalismo. Il capitalismo produce spontaneamente disoccupazione e se ne serve per mantenere bassi i salari (grazie al classico ricatto: o accettate basse paghe e/o ritmi di lavoro pesanti, oppure vi licenzio; tanto è pieno di disoccupati che sono pronti a prendere il vostro posto).
Soltanto con il superamento del capitalismo e, quindi, della produzione per il profitto, si potrà distribuire il lavoro a più persone possibile ("lavorare meno, lavorare tutti") e ad eliminare definitivamente la piaga della disoccupazione.
Il problema è che oggi in Europa comandano le banche (e soprattutto la BCE). E queste rifiutano categoricamente una soluzione di tipo keynesiana. Figuriamoci quella socialista-anticapitalista.
E quindi o ci rassegnamo allo strapotere dittatoriale bancario -Monti ci è stato imposto da queste- accettando la disoccupazione (nonchè la precarietà e il supersfruttamento di chi ha la "fortuna" di lavorare), oppure ci organizziamo per cambiare le cose.
E per cambiare le cose, non ci sono scorciatoie: occorre LOTTARE. E organizzarci.
Non serve correre dietro l'uomo forte, o il grande leader carismatico e neppure agli "urlatori" di professione. Specie se non è chiaro dove vogliono arrivare.
Bisogna lottare, ma in modo organizzato, intelligente e con coscienza.
Per questo serve -sò di essere tremendamente controcorrente- un PARTITO.
Sì: un partito!
Un partito con un programma chiaro e coerente.
Iscriviti a:
Post (Atom)