lunedì 27 agosto 2012

Caso-Assange, Ecuador e Occidente

Recentemente si è parlato parecchio del caso-Assange e del suo essersi rifugiato all'interno dell'ambasciata ecuadoregna a Londra, nonché dell'accoglimento, da parte dello Stato sudamericano, della sua domanda di asilo politico.
Ma, intanto, chi è Assange?
Molti di sicuro già lo sanno, ma forse non tutti.

Julian Assange è stato protagonista negli ultimi anni di una serie di rivelazioni -ottenute abilmente via web- su documenti segreti americani e un po' di tutti gli Stati del mondo e che vengono pubblicate sul sito di "wikileaks".
Naturalmente la pubblicazione di numerosi documenti segreti non può che dare fastidio ad una serie di governi, Stati Uniti in testa. Molti di quei documenti riguardano infatti le guerre in Afghanistan e in Iraq.
La Gran Bretagna preme per avere Assange, al fine di estradarlo in Svezia (dove è formalmente accusato di reati sessuali). Ma il fortissimo sospetto è che dalla Svezia Assange venga poi dirottato negli USA, dove rischierebbe addirittura la condanna a morte, per divulgazione di materiale segreto (e meno male che poi sarebbe la Cina a reprimere le voci critiche...).
Dunque, Julian Assange si trova (nel momento in cui scrivo) ancora nell'ambasciata dell'Ecuador.
Il quale si guarda bene dal consegnarlo alle autorità britanniche, nonostante le fortissime pressioni da parte degli inglesi. Arrivando a concedergli asilo politico.

Quest'ultimo fatto non solo non era per niente scontato, ma, anzi, costituisce una novità e un evento storico notevole: soltanto fino a pochi anni fa era impensabile che un piccolo Stato del Sudamerica (ma neanche uno grosso) si rifiutasse di cedere alle richieste di un paese come la Gran Bretagna, soprattutto, poi, quando si intuisce molto facilmente che dietro tale richiesta ci siano gli Stati Uniti.
Tale decisione è stata veramente coraggiosa e fa onore al nuovo Ecuador di Rafael Correa.

Questo episodio fa venire in mente il recente comportamento del Brasile di fronte alla richiesta, da parte dell'Italia, dell'estradizione di Cesare Battisti, accusato di terrorismo, e rifiutata da parte del governo carioca.
Le forti proteste e l'indignazione del Governo Berlusconi e di tanti italiani, apparentemente comprensibili, in realtà lo sono molto di meno se si tiene presente che di rifiuti simili (anzi, ben peggiori, soprattutto per i reati commessi) l'Italia ne ha subiti a decine negli scorsi decenni. Solo che finché sono la Francia, o gli USA o il Giappone a negarci l'estradizione di terroristi, criminali e stragisti, passi. Ma quando lo fa il Brasile -paese considerato (a torto) "inferiore" a noi- allora, e soltanto allora, scatta l'orgoglio nazionale e il senso di superiorità di essere un paese europeo (per modo di dire...).

Questi due episodi -quello dell'Ecuador con la richiesta del Regno Unito e quello del Brasile con l'Italia- sono emblematici di qualcosa che sta cambiando.
Oggi il continente sudamericano ha smesso di essere ciò che è stato per secoli, ossia, il "cortile di casa" degli Stati Uniti.
Il potente sviluppo economico, sociale, politico e culturale che sta sempre più abbracciando l'America Latina degli ultimi anni, sta portando delle trasformazioni veramente epocali. Basti pensare, ad esempio, che il Brasile ha recentemente sopravanzato l'Italia per la produzione industriale.

Il Sudamerica sta, finalmente, scrollandosi di dosso quella subalternità agli USA e all'Europa che l'aveva caratterizzata per lunghi secoli e fino a pochi anni fa.
Solo che, come spesso succede in questi casi, molti da noi in Europa e in Occidente in genere, non se ne stanno accorgendo, o -soprattutto- non vogliono o fanno finta di non accorgersene. E continuano ad ostentare un senso di superiorità nei confronti dei sudamericani, che, con il passare degli anni, sta diventando sempre più anacronistico, se non ridicolo.