Rifondazione Comunista
La nascita di
Rifondazione Comunista -nel contesto dell'ondata suscitata dalla
caduta del Muro di Berlino e mentre l'ex PCI si scioglieva per
diventare, in grandissima parte, PdS- è stata di sicuro un fatto
provvidenziale. Si era creato uno spazio in cui numerosi comunisti e
persone di sinistra hanno potuto continuare a far politica, senza
adeguarsi alla deriva liberista che stava prendendo il PdS.
Purtroppo il PRC
ha avuto, costituzionalmente, dei limiti di fondo, che hanno portato
il partito con gli anni a subire parecchie scissioni consistenti e ad
indebolirsi.
Rifondazione
Comunista sembra essere stata concepita fin dall'inizio -a differenza
del PCI- come un semplice contenitore di quella che oggi viene
chiamata la "sinistra radicale": il lavoro di analisi
rigorosa, di elaborazione di una strategia, di radicamento tra i
lavoratori e nei settori popolari, di formazione dei militanti, di
costruzione di un'organizzazione capillare ed efficiente, insomma,
tutto ciò che aveva consentito al PCI di essere diventato quello che
era, veniva trascurato, quando non negato -o addirittura a volte
disprezzato in alcuni aspetti- dentro Rifondazione (con ciò nulla
togliendo a tutte quelle realtà locali che in questi anni si sono
spese anche molto generosamente nella militanza; ma qui si parla del
partito complessivo, del modo come è stato concepito e dei suoi
orientamenti di fondo).
Proprio i
recenti avvenimenti esteri (fine dell'URSS) e i cambiamenti della
società e del mondo del lavoro di quegli anni avrebbero dovuto
creare -se il PRC fosse stato un partito comunista valido- un
dibattito e un'esigenza di analisi approfondita, per adeguare
l'intervento politico. Viceversa, nel PRC l'analisi è stata
praticamente assente, o limitata a pochissime persone (per analisi si
intende lo studio delle dinamiche sociali profonde, e non -come di
solito si fa- la semplice analisi politica, spesso molto
superficiale). E ciò a dispetto del nome "rifondazione",
nome che è rimasto un pio desiderio.
Il risultato è
stato che le diverse anime (partitini, correnti, ecc.) che
componevano il PRC hanno finito semplicemente per convivere, senza un
vero confronto e soprattutto senza una sintesi. Le scissioni ne sono
state una conseguenza.
Anche il Partito
dei Comunisti Italiani (nato da una delle scissioni del PRC, nel
1998) nonostante il suo più netto e ostentato riferimento al PCI,
non ha mai saputo creare le premesse per il rilancio di un nuovo
partito comunista radicato nella società, non residuale e non
subalterno alla "sinistra" moderata, limitandosi
sostanzialmente a vivacchiare di rendita.
Il cosidetto "berlusconismo"
e la lotta ideologica anticomunista
Spesso, a
sinistra, si è parlato, nel descrivere un certo tipo di subcultura e
di (mal)governo, di "berlusconismo". Termine alquanto
curioso, quanto poco utile a capire certe dinamiche. Si sono
attribuiti i vari successi che ha avuto Forza Italia (e le coalizioni
di centro-destra) soprattutto al fatto che il Cavaliere avesse in
mano le televisioni (o addirittura al presunto "rincoglionimento"
di tanti italiani, che l'hanno votato).
In realtà, tali
successi sono derivati essenzialmente dal fatto che Berlusconi ha
saputo creare un blocco sociale tra i ceti piccolo-medio borghesi e
una grossa fetta della grande borghesia.
Ma, a ben
vedere, anche dal fatto che il partito egemone della "sinistra",
ossia il PdS-DS (poi PD) si è limitato ad evocare e ad usare
l'antiberlusconismo soltanto quanto gli serviva per drenare i voti di
sinistra, ma non ha mai lavorato concretamente per indebolire
Berlusconi, quando ha potuto farlo.
Viceversa, il
PdS-DS-PD si è totalmente inserito -e molto attivamente, nonostante
le origini dei suoi dirigenti- nella lotta ideologica anticomunista
post '89.
Lotta ideologica
che, distorcendo la storia, si è basata sulla caricatura dei soli
aspetti negativi dei paesi a socialismo reale ("dimenticandone"
i numerosi lati positivi e progressisti) e presentando "il
comunismo" come opzione politica fallimentare, se non
detestabile, arrivando addirittura a paragonare tali società a
quelle nazi-fasciste, in nome di un mai ben definito "totalitarismo".
Tali discorsi
non hanno nulla a che fare con un'analisi storico-sociale seria
(tanto è vero che i "nostalgici" del socialismo reale
nell'Europa dell'Est sono numerosi e in crescita). Si tratta di una
vera e propria lotta ideologica, finalizzata a sradicare nella
coscienza dei ceti popolari l'idea
che sia possibile una società migliore e più giusta di quella
dominata dalle banche e dalle multinazionali (e in Italia anche dal
Vaticano), insomma, dal capitalismo.
La lotta
ideologica è molto importante e quella anti-comunista in Italia ha
talmente fatto breccia, che noi oggi ci troviamo in una situazione in
cui milioni di giovani (e meno giovani) disoccupati e di lavoratori e
pensionati che non arrivano alla fine del mese, i quali avrebbero
tutte le ragioni di aderire ad un discorso di superamento del
capitalismo, viceversa se ne tengono assai a distanza, e, nella loro
confusione ideologica, si lasciano più facilmente incantare dalle
sirene degli urlatori ambigui, tipo Grillo.
Sempre sul
fronte ideologico va ricordato che un ruolo importante nello spostamento della
coscienza del "popolo di sinistra" verso posizioni
liberiste l'ha svolto sicuramente il quotidiano "La Repubblica",
il quale ha dato a suo tempo anche un apporto decisivo affinchè
venisse sciolto il PCI.
Conclusioni
E' paradossale
che proprio ora che c'è la crisi e che stanno venendo
-drammaticamente- al pettine i nodi del capitalismo e le conseguenze
delle politiche liberiste degli ultimi decenni, in Italia non esiste
praticamente più una forza in grado quantomeno di contestare
seriamente tali politiche (il M5S pratica una contestazione molto piccolo borghese, ossia, critica alcuni aspetti del capitalismo, ma non il capitalismo tout-court; anzi, sembra auspicare un ritorno alla piccola imprenditoria, ormai ampiamente superata dall'evoluzione de capitalismo stesso).
Quindi, manca una forza
coerentemente di sinistra.
E siamo forse
l'unico paese europeo in queste condizioni. Dalle stelle alle stalle, è il caso di dirlo!
Il compito, la
sfida più grossa oggi in Italia è proprio questa: ricostruire una
forza di sinistra (e una comunista, le due cose possono e devono
viaggiare in modo parallelo). Una sinistra che non sia nè subalterna
ai poteri forti, come lo sono il PD e tutto ciò che gli ruota
intorno, nè tantomeno settaria e marginale.
L'unica
"rivoluzione" possibile in Italia, oggi come oggi, è
questa.