lunedì 1 giugno 2015

Roma, il problema non è solo Marino (ma anche lui)

Inizio con una premessa doverosa: non sono affatto contento dell’operato complessivo del sindaco di Roma, Ignazio Marino, e non intendo certo giustificarlo.
Diciamo che Marino, più o meno come i sindaci precedenti, sta dimostrando di agire soprattutto per favorire i classici “poteri forti” della capitale.
Ma non è che mi fossi mai illuso che potesse fare diversamente. Infatti alle ultime elezioni comunali l’ho votato solo al ballottaggio e solo per non far rivincere Alemanno, il quale ultimo ritengo sia stato capace di essere anche peggio dell’attuale sindaco.

Ma più che al paragone con Alemanno, il sindaco Marino sembra –apparentemente- sfigurare ancor di più nei confronti di Veltroni.
In realtà se quest’ultimo è stato a suo tempo eccessivamente osannato (si arrivò addirittura a parlare di un molto discutibile “modello Roma”), l’attuale primo cittadino di Roma viene, secondo me, criticato in modo un po’ troppo esagerato.

A dir la verità è difficile fare un paragone tra Veltroni e Marino, dato che è cambiata la fase politico-economica: le politiche nazionali di austerity e di riduzione del debito pubblico hanno imposto pesanti tagli, in questi ultimi anni, da parte dello Stato Italiano nei confronti degli Enti Locali, e quindi anche del Comune di Roma.
Ossia, tradotto in parole semplici: se oggi ci fossero Rutelli, Veltroni o Alemanno, con tutta probabilità si comporterebbero in modo simile a Marino.

Il quale sta effettuando tagli su parecchi servizi fondamentali, come i trasporti (!), la cultura, gli asili-nido e tanti altri servizi, il che porta delle conseguenze significative (negative) per quanto riguarda l’occupazione.
Ma su questo Marino è in linea con Renzi, il quale a sua volta è in linea con le politiche europee di tagli al bilancio. Tutto parte dall’Europa (delle banche e delle multinazionali). E’ perfettamente inutile attaccare Marino se poi non si mettono in discussione anche le politiche europee di austerity.

Ma i grossi nodi per il futuro sono due: le privatizzazioni e la cementificazione.
Oggi il mondo dell’imprenditoria –sempre affamato di profitti- sta puntando sempre più alle privatizzazioni di quei settori, nei quali il profitto è massimo, dato che operano in un regime di monopolio e gli investimenti limitati.
Ossia, sui servizi ai cittadini: acqua, luce, sanità, trasporti, scuole, ecc.
Non è un caso che Caltagirone, il noto palazzinaro, sta sempre più puntando su ACEA.

Ma ormai dovremmo aver fatto esperienza di che cosa sono le privatizzazioni.
Negli anni ’90 in Italia c’era il mito del privato e del mercato e si pensava che questi avrebbero –grazie agli investimenti e alla concorrenza- migliorato i servizi, e magari anche abbassato i prezzi.
L’esperienza di Alitalia, della Telecom, dell’ILVA, delle FS e tanto altro hanno ampiamente dimostrato che privatizzazione significa soprattutto enorme perdita di posti di lavoro.
Ma tutto questo miglioramento dei servizi non s’è visto. E non s’è visto nemmeno l’abbassamento dei prezzi, anzi.

Inoltre, “Mafia-capitale” ha dimostrato che la corruzione e gli sprechi arrivano ai massimi livelli non quando un servizio è gestito direttamente dal pubblico, bensì quando viene appaltato ai privati, cosa che oggi da noi è diventata la norma.
Anzi, molto del degrado e dell’inefficienza dei servizi della capitale è dovuto proprio alla gestione speculatoria dell’emergenza, che finisce per essere una grande fonte di introiti per qualcuno, il quale quindi non ha alcun interesse a risolvere i relativi problemi.

A Roma avanza (tanto per cambiare) la cementificazione. Con tutto ciò che comporta: abusivismo, dissesto idrogeologico, inquinamento, danni ambientali ed ecologici.
Nonostante tutto ciò, l’espansione edilizia è lontana dal risolvere il problema abitativo, che opprime migliaia di famiglie, ed è invece finalizzata solamente alla speculazione.

 

Roma sarebbe veramente una città meravigliosa, se iniziasse ad essere gestita non più per gli interessi di una casta di pseudo-imprenditori affaristi e speculatori senza scrupoli, ma in funzione dei cittadini di ogni estrazione sociale e in un’ottica di efficienza e di sostenibilità.
E’ chiaro che non possiamo aspettarci questo né da Marino, né da Alemanno, né da tutti quelli che rappresentano gli interessi delle cricche affaristiche (tipo Marchini).
E a maggior ragione non possiamo aspettarcelo, finché l’Italia continuerà a rimanere succube delle politiche liberiste e di austerity che ci impone l’Europa.

N.B.
Il discorso è necessariamente ultra-sintetico, ma per chi voglia approfondire l’argomento esiste un’interessante analisi in un documento (Roma 2030) che linko: