martedì 22 settembre 2015

profughi verso l'Europa e campagne mediatiche

Nell’ultimo mese abbiamo assistito ad una forte campagna mediatica sul problema dei profughi, che fuggono dalle loro terre (Africa, Medio Oriente) per approdare nella “ricca” Europa.
Personalmente ho imparato a diffidare di queste campagne mediatiche, a volte martellanti, che di solito ci presentano un problema -che magari esiste da decenni- come se fosse un’emergenza degli ultimi tempi, quando non un pericolo urgente.
Per poi, dopo qualche settimana, sparire dai riflettori, dandoci la sensazione quasi che il problema non esista più.

Innumerevoli sono state negli anni scorsi, ad esempio, le campagne sulla criminalità, specie sotto le elezioni. Fenomeno presentato di modo che incutesse terrore, nonché richiesta di “sicurezza”.
E poi, passate le elezioni, inspiegabilmente i delinquenti si danno una calmata e, anzi, sembrano addirittura scomparire.
tesso discorso sui pedofili e tanto altro ancora.

La campagna mediatica recente sui profughi che invadono l’Europa presenta numerosi limiti.
Forse l’unico aspetto positivo di questa, è che dovrebbe aver chiarito a tanti il fatto che queste sono, almeno nella stragrande maggioranza dei casi, persone disperate che fuggono dalla guerra, o comunque da condizioni di vita impossibili (tranne i razzisti incalliti, ma, si sa: c’è gente che ancora oggi è convinta che la Terra sia piatta).

Però, a parte quello, siamo in presenza della solita campagna basata sulla disinformazione, ma –attenzione!- si tratta di una disinformazione “intelligente” e oserei dire subdola.
Intanto, infatti, c’è un tentativo di ridare un’immagine “buona” al governo tedesco della Merkel, come quello che accoglie “generosamente” i profughi.
E ciò dopo che a luglio ha mostrato, contro la Grecia, il suo volto più autentico, quello di affamatore dei popoli, per conto delle banche e del capitale finanziario, in genere.
Come se tutta questa ondata di stranieri disperati –e quindi disposti a lavorare per salari ridicoli- non verrà poi utilizzata per ricattare i lavoratori tedeschi (e non solo).

Un altro elemento di disinformazione è l’insistenza nel classificare i profughi come “siriani”.
In realtà tra i profughi che arrivano in Europa c’è di sicuro una forte componente di siriani. Ma ci sono anche numerosi iracheni, afghani, libici, e di tanti altri paesi.
Solo che in Afghanistan, in Iraq e in Libia, l’Occidente è intervenuto direttamente, invadendo quei paesi, per cui parlare dei profughi di quei paesi significherebbe ammettere il fallimento (per non dire l’orrore) di quelle guerre volute e condotte dai paesi sedicenti “democratici”.

Viceversa, in Siria il governo di Assad è ancora in piedi, nonostante l’enorme sforzo economico (e non solo) che USA, Arabia Saudita, Turchia (che fa parte della NATO), ma anche Francia e altri hanno profuso per liquidarlo, finanziando, armando e appoggiando formazioni quali l’ISIS e Al Nusra.
Quindi, insistere sul fatto che si tratta di profughi “siriani” fa sì che la gente sia portata a pensare che il problema stia nel governo di Assad –guarda caso, uno dei pochissimi nella zona a non piegarsi ai diktat statunitensi- e sia poi disposta ad accettare eventuali futuri interventi militari, presentati “contro il terrorismo”.
Come se non fossero stati proprio gli interventi militari occidentali degli anni scorsi (Afghanistan, Iraq, Libia) ad aver alimentato le ondate di profughi negli ultimi decenni.

 

Un altro elemento ancora di disinformazione, rispetto alla campagna mediatica sui profughi, sta nel presentare il problema, mettendo in contrapposizione le politiche “buoniste” di accoglienza nei loro confronti con quelle di chiusura (emblematico il muro issato dall’Ungheria fascista di Orban) e di presunta difesa del popolo autoctono, dagli “invasori”.

In realtà, riuscire a contenere l’imponente flusso di immigrati-profughi che arrivano nei “paesi ricchi” dai “paesi poveri” è, alla lunga, praticamente impossibile. Qualunque tipo di politica si metta in atto.
Anche discorsi del tipo “aiutiamoli a casa loro” si rivelano solo degli slogans, perché di solito non abbiamo ben chiaro che cosa veramente accade “a casa loro”.

Il discorso sarebbe lunghissimo, perché qui andiamo a cozzare con un fenomeno, che è poi la vera causa di fondo di questi imponenti movimenti umani di disperati in cerca di un luogo dove poter sopravvivere: il NEO-COLONIALISMO.
Ossia –sinteticamente- lo spolpamento, da parte dei paesi occidentali (e soprattutto delle loro multinazionali) dell’economia e delle risorse di tanti paesi africani e asiatici.
I quali rimangono solo formalmente indipendenti, ma hanno dei governi fantocci nelle mani dei potentati finanziari euro-americani.
Nonché il proliferare di guerre e conflitti apparentemente “locali”, ma quasi sempre finanziate dai paesi ricchi e dai loro colossi finanziari, interessati ad accaparrarsi le materie prime, i mercati e in ogni caso a vendere armi.

Di fronte a dinamiche di enorme portata come queste ci sentiamo impotenti.
Ma, in realtà, nel nostro piccolo, qualcosa possiamo fare.
E il primo passo per contrastare le politiche di sfruttamento e guerrafondaie, che portano con sé tali dinamiche migratorie massicce, è quello di fare un piccolo sforzo per superare diffidenze e ostilità e capire che l’immigrato non è un nemico, bensì una vittima –come spesso siamo anche noi, ma loro molto di più- delle dinamiche economiche dominanti, ossia, quelle capitalistiche.
E rendersi conto che gli immigrati possono, anzi, devono essere dei nostri alleati per contrastare chi sta iniziando ad affamarci anche a noi, con le politiche liberiste dell’austerity.