sabato 27 ottobre 2012

dopo la legge sulla stabilità...il terremoto

Non bastava la spending review, altri tagli sono in vista.
Il Governo Monti ha approvato un disegno di legge "per la stabilità". Poco dopo, la stessa natura ha reagito con un terremoto molto, ma molto metaforico.
L'unica cosa che appare buona di tale manovra è la riduzione dell'Irpef (la tassa sugli stipendi), con una riduzione dal 23 al 22% per i redditi fino a 15.000 euro e dal 27 al 26% per quelli da 15 mila a 28 mila euro.
Tale vantaggio sarà, però, ampiamente rimangiato dall'ulteriore aumento dell'Iva dell'1% (l'Iva fa parte delle tasse indirette, ossia quelle socialmente più ingiuste, dato che il povero paga lo stesso importo del multimiliardario).
E naturalmente per i pensionati o chi non ha un reddito regolare, cioè per i disoccupati o i lavoratori precari, tale misura costituisce solo uno svantaggio.

Ma la vera batosta riguarderà -tanto per cambiare- la sanità. Per la quale è prevista una riduzione di spese di ben 1,5 miliardi di euro.
Le ripercussioni di ciò saranno notevoli, dato che molte Regioni non sono in grado di sobbarcarsi tali spese e quindi tutto ciò si tradurrà in un aumento dei ticket e in un deciso peggioramento dei servizi.
Chiuderanno ancora altri ospedali? Probabilmente sì, con tutte le conseguenze sui disagi di tante persone, soprattutto anziane, che dovranno ricoverarsi in luoghi sempre più distanti dalla loro abitazione. E diminuiranno naturalmente anche i posti letto.
Difficile pensare che non ci sarà un'ulteriore perdita di posti di lavoro, soprattutto precari, anche in questo settore.

Ironia della sorte, ciò che lo Stato italiano risparmierà dai tagli alla sanità, lo riperderà di nuovo, grazie agli incentivi per le imprese private.
Dunque, per l'ennesima volta lo Stato italiano da una parte risparmia, tagliando pensioni, lavoro, scuola e servizi. Dall'altro lato ci rimette, con aiuti, incentivi ai privati, continuando sostanzialmente a non contrastare l'immensa evasione fiscale, a non tassare i grandi patrimoni nonchè le colossali ricchezze della Chiesa e facendo enormi spese discutibili (es: l'acquisto dei cacciabombardieri F35 per ben 15 miliardi). Chi si avvantaggerà più di tutto saranno, neanche a dirlo, le banche, che sul debito pubblico si stanno arricchendo in una maniera tanto impressionante quanto incontrastata.

Prima gli italiani capiranno che la faccenda del debito pubblico è solo una scusa per drenare ricchezza dai cittadini (soprattutto dei ceti popolari) a favore delle multinazionali, della finanza e dei ceti possidenti, e meglio è.

giovedì 11 ottobre 2012

la vittoria di Chàvez è un messaggio anche per noi

Quando Hugo Chàvez vinse per la prima volta le elezioni presidenziali in Venezuela, il paese caraibico era ridotto veramente in pessime condizioni sotto numerosi aspetti.
Le ingenti ricchezze che derivavano dal petrolio, di cui il Venezuela è ricchissimo, erano distribuite tutte fra la ristretta elite della borghesia locale e soprattutto delle multinazionali del petrolio statunitensi, le quali facevano grossi affari con l'oro nero venezuelano a bassissimo costo. Il Venezuela era -di fatto- una semi-colonia USA, come un po' tutta l'America Latina.
La grande massa della popolazione venezuelana viveva in povertà, nelle baraccopoli, priva di un minimo di assistenza sanitaria, senza istruzionee completamente emarginata. A livello politico ciò si rifletteva in un astensionismo elettorale che toccava il 70%.

Da quando Chàvez è andato al potere (vincendo sempre democraticamente le elezioni) ha iniziato una politica totalmente innovatrice (nei fatti, non a parole, come siamo abituati in Italia) e ha radicalmente cambiato molte cose.

E' difficile sintetizzare in poche frasi tutti gli interventi della nuova Repubblica Bolivariana: dalle missioni per contrastare la povertà, all'assistenza sanitaria dentro le baraccopoli (mai vista prima), all'enorme impulso dato alla scolarizzazione (l'analfabetismo è quasi scomparso), alla costruzione di migliaia e migliaia di abitazioni per i baraccati, all'aumento dei salari, alla creazione di posti di lavoro e altro.

Per la prima volta nella storia la ricchezza prodotto del petrolio venezuelano è stata usata per il benessere del suo popolo. Il risultato è che alle ultime elezioni del 7 ottobre ha votato oltre l'80% degli aventi diritto (e meno male che da noi in Occidente si parla di Chàvez come di un quasi dittatore; forse per essere "democratici" bisogna fare come da noi: alimentare l'astensionismo e la sfiducia della gente verso la politica).

Anche in politica estera il presidente bolivariano non è stato da meno. Con una politica molto coraggiosa ha affrontato i giganti USA e ne ha ridotto, col tempo, influenza e potere, ma soprattutto è stato un potente traino e stimolo per la svolta progressista dell'America Latina degli ultimi 10 anni. Creando o rafforzando legami economici e politici con gli altri paesi di quel continente (come l'Alba, il Mercosur e altri) e perifino fuori, come dimostrano i rapporti saldi e crescenti con la Cina e con tanti altri paesi del mondo.

Non è stato semplice fare tutto ciò: Chàvez ha subito un tentativo di colpo di Stato, sventato all'ultimo momento, e ha dovuto affrontare una serie di altre insidie e difficoltà.

La vittoria di Chàvez lancia un messaggio anche a noi.
Il messaggio è che le politiche liberiste, che riducono i popoli in miseria, disoccupazione e senza assistenza, e minano la sovranità degli Stati (è successo in America Latina e in tante altre parti del mondo; ora sta accadendo in Europa) SI POSSONO SCONFIGGERE.
Ma per far ciò serve una sinistra VERA. Che rompa una volta per tutte con le politiche liberiste.

venerdì 5 ottobre 2012

diversamente tagli

Le politiche pubbliche rivolte a tutte quelle persone con difficoltà di inserimento sociale, come possono essere i diversamente abili, quelli con patologie mentali, i minori a rischio, e altri ancora, sono indice del grado di maturità, di civiltà e di democrazia effettiva raggiunta da un determinato paese.

E la società dimostra ancor più di essere progredita, nel momento in cui capisce che l'intervento di tipo meramente assistenziale -tranne, ovviamente, in casi gravi- non basta e forse in molti casi neanche serve: molte persone con problemi, hanno delle potenzialità a volte insospettabili e possono essere valorizzate. Tutto sta a essere messe nelle condizioni di poterlo fare.
Tutto ciò richiede un lavoro e, visto che siamo (e ci vantiamo di essere) in una società di "libero mercato", un certo impegno economico.
Molti passi avanti sono stati fatti nei decenni scorsi in tal senso.

Ma in questi ultimi anni le cose stanno cambiando. In peggio.
Dopo i tagli agli Enti Locali effettuati dal precedente Governo Berlusconi, ora sta arrivando la "spending review" di Monti. Ossia, i tagli.
Non certo ai finanziamenti alle scuole private o alle banche o a tutti quei (veri) sprechi che andrebbero, quelli sì, decurtati. No: si decurta sui servizi essenziali.

Il taglio del 5% del budget dei contratti e servizi stipulati dalla Pubblica Amministrazione difficilmente rimarrà senza conseguenze per quanto riguarda le cooperative e le associazioni (anche quelle no-profit) che si occupano di handicap.
Questo significa non solo che i lavoratori di questo settore, particolarmente delicato, vedranno abbassati i loro già miseri stipendi, ma anche che una serie di servizi indispensabili saranno cancellati o subiranno comunque un peggioramento della qualità.
E' da tenere poi presente che tali misure vanno ad aggravare una situazione già negativa, frutto di precedenti tagli a livello regionale (almeno nel Lazio, ma di sicuro anche in altre regioni).

Per quanto riguarda l'occupazione nel settore, l'Anfass (associazione nazionale che si occupa di disabilità intellettivo-relazionale) prevede la probabile perdita di ben 5.000 posti di lavoro in tempi molto brevi. Inoltre almeno 30 mila persone con disabilità rischiano di perdere servizi e strutture fondamentali, con grave danno per loro e pesanti ripercussioni sulle loro famiglie.

Ma non basta: la spending review si sta abbattendo anche sulla scuola e -visto che si parla di diversamente abili- pure sugli insegnanti di sostegno.
Per i quali non è previsto, in teoria, nessun taglio in modo esplicito (anche perchè già ce ne sono stati nel recente passato), però è in vista una manovra preoccupante, cioè, si intende specializzare tutti gli insegnanti nel sostegno, a scapito di quelli già esistenti e che da anni lavorano in modo specifico in quest'ambito con la loro professionalità.
Per cui in un probabile futuro ogni insegnante dovrà occuparsi anche del sostegno, venendo a decadere la figura specifica, con evidenti conseguenze negative, sia per gli insegnanti, che diventeranno dei fac-totum che si dovranno occupare di tutto, che per i ragazzi disabili, che dovranno usufruire di un servizio che per forza di cose sarà molto più scadente di quello una volta fornito da specifici insegnanti.



Se, tornando al discorso iniziale, il grado di civiltà, di progresso, di democrazia di un paese si misura anche dal modo come interviene sulle persone con problemi, non c'è dubbio che in Italia abbiamo già da anni imboccato la via del regresso e stiamo facendo non pochi passi indietro.
A volte viene da domandarsi quanto siano (diversamente) abili gli ultimi governi italiani.