mercoledì 7 dicembre 2016

Aleppo e la nostra informazione-clown


I nostri mass-media non si smentiscono mai.
Negli ultimi giorni la "notizia" più importante riguardante Aleppo -per la nostra "informazione", in coro- è stata la morte sotto i bombardamenti di un clown (notizia che peratro non è chiaro quanto sia attendibile, dato che questo clown sembra che operasse nella parte di Aleppo controllata dai terroristi jihadisti).

Ora, per carità, nessuno nega l'importanza -in un contesto di guerra- del sostegno psicologico per i bambini che può offrire anche un clown.
Il problema è un altro.
Una notizia del genere può essere emotivamente toccante, ma non ci dà alcuna informazione su che cosa stia realmente accadendo nella città siriana. Anzi, questo genere di "notizie" sembra fatto proprio apposta per sfruttare ed eccitare al massimo la nostra sensibilità ed emotività. E però per non darci un minimo di strumenti per comprendere tali eventi, quali sono le responsabilità, quali le dinamiche, quali gli interessi geo-strategici dietro tutto ciò.

I nostri mass-media ci dicono soltanto chi sono i "cattivi", quelli che siamo tenuti a disprezzare, ossia, in questo caso, Assad, l'esercito siriano e i russi.
Non viene, ad esempio, specificato che alcune delle strutture ospedaliere bombardate da questi ultimi erano nel frattempo state trasformate in roccaforti dei jihadisti. Nemmeno si dice che i civili vengono usati dai terroristi tagliagole come scudi umani (come viene invece fatto altrove, tipo a Mosul, dove l'esercito irakeno agisce però, guarda caso, in sintonia con gli USA).

E comunque i nostri mass-media, o perlomeno quelli più importanti e "autorevoli", tacciono sul fatto che nelle ultime settimane i terroristi ("moderati", secondo gli americani) hanno sparato sulla popolazione civile che cercava di scappare dalle zone controllate da loro, uccidendone a centinaia. Tacciono sui bombardamenti dei jihadisti "moderati" nelle zone di Aleppo sotto il controllo governativo e tacciono sull'ospedale da campo per i civili allestito dai russi, anch'esso bombardato dai terroristi e in cui sono morte due infermiere russe.
E tacciono su tantissime altre notizie scomode.

Naturalmente tacciono pure su ciò che sta accadendo in un paese non troppo distante dalla Siria, ossia, nello Yemen, dove la popolazione civile da due anni è sottoposta a numerosi bombardamenti da parte dell'Arabia Saudita, paese tra l'altro teocratico, oscurantista, ultra-repressivo, nonché principale finanziatore del terrorismo "islamico". Ma amico dell'Occidente (Italia compresa), che gli vende armi.

Ma -ed è forse la cosa più grave- c'è una grande notizia sulla quale sembra essere caduto il silenzio-stampa (solo nelle ultime ore la notizia sembra iniziare ad uscire fuori). Ossia, da oltre una settimana l'esercito siriano ha sferrato una potente offensiva per la riconquista e liberazione definitiva della parte di Aleppo in mano ai terroristi.
Tale azione sta avendo un ottimo successo e nel momento in cui scrivo circa l'80% del territorio fino a poco fa in mano agli jihadisti (di varie nazionalità e quasi nessuno siriano) è stato riconquistato e, salvo imprevisti, nei prossimi giorni la liberazione dovrebbe essere totale.
La (ri)conquista di Aleppo dovrebbe segnare tra l'altro una svolta anche psicologica di questo conflitto, che si spera abbia fine al più presto con la definitiva sconfitta del Daesh (ISIS), di Al Qaeda e degli altri gruppi terroristi fondamentalisti.

Ma non è importante -per i nostri mass-media- che noi veniamo a conoscenza di tutto ciò. L'importante è farci intenerire e sdegnare per le sofferenze (quelle vere e quelle inventate) della popolazione civile e dei bambini di Aleppo est. Già di quelli di Aleppo ovest possiamo anche fregarcene altamente (nessuno ne ha mai parlato).

A volte ho l'impressione che anche noi siamo un po' come i bambini di Aleppo e ci nutriamo della nostra "informazione-clown", che ci dà conforto e ci illumina su quanto sono cattivi Assad, i siriani e i russi. Il tutto mentre veniamo bombardati da notizie pre-confezionate, strumentali e menzognere.

giovedì 1 dicembre 2016

Fidel Castro, l'esempio continuerà a vivere


La morte di Fidel Castro ha suscitato, com'era inevitabile, una vasta eco e una fortissima emozione un po' in tutto il mondo.
E' difficile negare, infatti, la statura gigantesca di un simile personaggio, e ciò a prescindere dall'orientamento politico delle persone e dal conseguente giudizio che si possa dare su di lui.
Le reazioni dei soggetti politici nonché dei mass-media sono state eterogenee: dagli entusiasti sostenitori ai più critici, passando per numerose sfumature (del tipo "sì, voleva essere un rivoluzionario, ma poi ha finito per diventare un dittatore", o simili).
In Italia, come nel resto dei paesi euro-atlantici, sono nettamente prevalsi i giudizi critici, anche se per lo più si tratta di critiche sottili, visto il prestigio di cui giustamente gode l'ex leader cubano. Cosa tutto sommato normale e logica, dato che stiamo parlando di paesi capitalistici e -soprattutto dopo l'89- dominati da logiche liberiste, e quindi anti-comuniste per definizione.

La più grande critica rivolta a Castro è anche quella più ovvia, banale e scontata, ossia, che egli è stato un dittatore e che ha governato Cuba in modo dispotico, repressivo e negando la libertà ai suoi cittadini.
A riprova di ciò si tirano in ballo le decine di migliaia di cubani, i quali, in questi decenni, sono scappati dall'isola, per approdare negli Stati Uniti.
Per il resto, le critiche vertono sulle condizioni di povertà e sulle carenze sia di prodotti, sia tecnologiche che ci sono sull'isola caraibica.


Sul sistema politico cubano -che da noi viene superficialmente liquidato come "dittatura"- va innanzitutto detto che tutti gli incarichi istituzionali sono soggetti ad elezioni ogni due anni e mezzo (e possono essere nel frattempo revocati). I candidati sono, di norma, cittadini non iscritti al Partito Comunista.
Qualcuno ora storcerà il naso, per il fatto che lì esiste solo quel partito. Su questo andrebbero spese due parole.
Intanto andrebbe indagato quanto il "pluripartitismo" dei paesi occidentali sia davvero più democratico, considerando che in numerosi paesi -USA in primis- sulle politiche di fondo (liberismo, guerra) i partiti dell'alternanza sono, di fatto, indistinguibili tra di loro, e che per vincere una campagna elettorale e andare a governare occorrono moltissimi soldi, e dunque chi vince o è straricco di suo, oppure è costretto ad essere finanziato (e quindi manovrato) dalle grandi lobbies.
Che poi in un paese come Cuba ci sia un certo controllo -ma molto meno di quanto si vuole far credere in Occidente- è anche logico, se consideriamo che Cuba, da quando c'è stata la rivoluzione, è un paese sotto assedio, ed è stato oggetto di numerosi attacchi e sabotaggi di vario tipo. Non si contano, ad esempio, i tentativi della CIA di far fuori lo stesso Fidel Castro. Tutti falliti (ci sarebbe tra l'altro da chiedersi come mai gli USA hanno, invece, sempre mantenuto ottimi rapporti con tutte le altre dittature sudamericane, anche quelle più feroci e sanguinarie).
Se nell'isola ci fossero più partiti, sarebbe un gioco da ragazzi, per i ricchissimi USA, finanziare a suon di miliardi uno di questi, ovviamente quello più anti-castrista e magari pure infiltrato di elementi della CIA (ciò è effettivamente accaduto in Nicaragua e da altre parti), e far sì che questo partito prevalga. Il neo-colonialismo oggi funziona così.

Sui cubani che fuggono dal loro paese c'è un fatto curioso. Non mi risulta che nemmeno uno di loro sia mai scappato dall'isola per approdare in paesi "liberi" o "democratici" quali ad esempio il Messico, o il Guatemala, o Haiti (quest'ultima si trova anche assai più vicina a Cuba che non la Florida). Magari per andare a vivere in una squallida baraccopoli locale, tra miseria e criminalità. Ma d'altronde se uno cerca soltanto "la libertà", ed è coerente, dovrebbe accettare anche questo.
Viceversa, i cubani fuggitivi vanno tutti nella ricca Florida. Ossia, negli USA, dove, a differenza degli altri latinos, sono ben accolti e aiutati economicamente, per ovvi motivi politici.
Questi cubani (tra cui non pochi criminali e mafiosi) si comportano esattamente come fanno tutti gli altri popoli latino-americani (e africani e asiatici), ossia, fuggono attratti dal denaro e dal benessere occidentale. La libertà è l'ultimissima cosa che cercano.

Sul discorso della povertà e delle carenze tecnologiche, c'è da ricordare -e da sottolineare- che Cuba risente quantomeno di due potenti fattori.
Il primo riguarda un po' tutti i paesi latino-americani (e non solo), ossia l'essere stato per secoli un paese colonizzato e sfruttato, prima dagli spagnoli e poi dagli statunitensi.
Il secondo, e forse ben più grave, è il brutale e assurdo blocco economico che gli yankees hanno loro imposto unilateralmente e che dura da oltre 50 anni . Tale embargo purtroppo, ha nuociuto tantissimo allo sviluppo di Cuba sotto tanti aspetti (tecnologico, scientifico, medico, ecc). La stessa iconografia di Cuba, dove si vedono ancora in giro le automobili degli anni '50, è emblematica di tale assurda misura.

Ciò che dovrebbe veramente sorprendere di un paese come Cuba non è la relativa povertà del luogo, ma, viceversa, il fatto che in condizioni così tremendamente difficili, siano riusciti ad ottenere numerose conquiste, sociali, economiche, scientifiche e mediche.
Stiamo parlando dell'unico paese dell'America Latina dove non esistono baraccopoli, quindi dove tutti i cittadini hanno una casa, dove tutti i bambini vanno a scuola (invece di girare per le strade, dove imperversano bande di criminali, droga e prostituzione), dove l'assistenza sanitaria è garantita a tutti ed è pure di ottimo livello (Cuba esporta medici in varie parti del mondo, specie là dove ci sono state calamità naturali). E dove la fame non esiste.

La grandezza di un personaggio come Fidel Castro si vede da tutte queste cose.
Nel periodo 89-91, in cui venne meno il socialismo reale, nonché la principale fonte di scambi economici e di aiuti per Cuba (ossia, l'URSS), tutti pensavano che anche il socialismo cubano avrebbe finito presto per cedere alla vittoria del capitalismo. In tantissimi l'hanno sperato.
Contro ogni previsione, invece, e nonostante innumerevoli difficoltà, la Rivoluzione Cubana ha resistito.
Una scelta non solo in forte controtendenza, ma anche estremamente coraggiosa. Grazie alla quale Cuba non è ritornata ad essere il bordello degli USA (com'era prima del 1959, anno del successo della rivoluzione) e il popolo cubano ha mantenuto una dignità e una coscienza, purtroppo sconosciute a tanti altri popoli (italiano compreso).

Fidel Castro è stato un gigante. Un vero e proprio esempio per milioni e milioni, forse miliardi di persone oggi umiliate, povere e sottomesse.
Una dimostrazione che anche in condizioni difficili lottare contro il potere, contro il capitalismo, contro una superpotenza prepotente come gli USA è possibile.

Ecco perché da noi in occidente si cerca, anche molto sottilmente, di screditarlo.