mercoledì 18 febbraio 2015

Crisi russo-ucraina: gli USA vogliono la guerra. L'Europa dice ni.

Contrariamente a ciò che dicono i nostri mass-media mainstream, i quali attribuiscono le responsabilità del clima di pre-guerra (e neanche tanto "pre") totalmente alla Russia di Putin, basta una breve panoramica sullo sviluppo degli eventi in Ucraina dell'ultimo anno e mezzo per accorgersi di ben altre dinamiche.

Le recenti tensioni in Ucraina sono iniziate con la "rivolta di Piazza Maidan", a Kiev (capitale dell'Ucraina), scoppiata ufficialmente in seguito al rifiuto del presidente ucraino di aderire all'Unione Europea. Rivolta che s'è fin da subito caratterizzata come violenta (con diversi poliziotti uccisi dai manifestanti).
Durante le dimostrazioni diversi personaggi politici occidentali si presentarono di persona, aizzando i manifestanti contro il governo (democraticamente eletto) di Victor Janukovyc: un'ingerenza senza precedenti! Sarebbe come se durante una manifestazione di protesta a Roma i politici cinesi o russi intervenissero in piazza spingendo i manifestanti a sbarazzarsi di un governo democraticamente eletto (quello di Renzi non fa testo, sotto quest'aspetto).

Nel febbraio del 2014, dopo violenti scontri, il colpo di Stato riuscì, e gruppi paramilitari di estrema destra presero il potere in Ucraina.
Dopodichè scoppiarono numerose violenze da parte di questi gruppi e principalmente di Pravj Sector (settore destro), dichiaratamente filo-nazisti. Scontri e violenze culminati con il rogo della sede del sindacato di Odessa, dove decine di persone che si trovavano dentro perirono tra le fiamme.

Ma le regioni dell'Ucraina dell'Est non ci stavano e la popolazione della Crimea (regione tradizionalmente russa) si è espressa a larghissima maggioranza per l'annessione alla Russia, mentre nelle regioni di Donesk e di Luhansk le popolazioni si sono ribellate e hanno iniziato la resistenza contro il governo golpista dell'Ucraina.

Ed è proprio questa guerra civile ad aver spinto l'Europa e soprattutto gli Stati Uniti all'adozione di misure volte a "punire" la presunta ingerenza della Russia (tutta da dimostrare) nel conflitto ucraino. Tali misure si concretizzano con le sanzioni economiche.
Il pretesto iniziale per tali sanzioni -riconfermate di recente- fu l'abbattimento dell'aereo della Malaysia, attribuito ai ribelli del Donesk, ma, come dimostrano le immagini satellitari, causato in realtà dall'esercito ucraino.

Ma tali sanzioni alla lunga colpiscono non tanto la Russia (la quale sta trovando altri sbocchi, rafforzando notevolmente i legami economici con altri paesi e soprattutto con la Cina), quanto l'Europa.
Numerose sono, infatti, le imprese tedesche, francesi, italiane e di altri paesi europei che subiscono pesantemente tali misure, dato che basavano la loro attività principalmente proprio sull'esportazione alla Russia e molte di loro stanno chiudendo o saranno costrette a chiudere in futuro.


L'Europa, dunque, finora si è piegata alla volontà degli yankees e ha appoggiato il governo golpista filo-nazista dell'Ucraina, arrivando fino al punto di varare le sanzioni economiche alla Russia, spinta dalle pressioni d'oltreoceano.
Ma ora che gli Stati Uniti stanno facendo di tutto per inasprire la guerra e per coinvolgere più direttamente la NATO, Francia e Germania si stanno incominciando a smarcare.
Il recente viaggio a Mosca -non concordato con Obama- della Merkel e di Hollande per trattare con Putin e la firma della tregua, lascia capire chiaramente che questi paesi si incominciano a rendere conto di che cosa significa l'esplosione di un conflitto di grande portata nel centro dell'Europa, a poche centinaia di chilometri dalla Germania.

Tanto più che la recente offensiva dell'esercito ucraino contro i ribelli dell'Est si è risolta in un grande fiasco: non solo i ribelli non sono arretrati, ma, al contrario, stanno avanzando e a Debaltsevo hanno rinchiuso in una sacca un grosso contingente dell'esercito ucraino (dove sembra siano presenti anche militari americani, alla faccia delle accuse rivolte a Putin di ingerenza nel conflitto).
Nell'esercito ucraino inoltre il clima è sempre più pesante e di sfiducia e le diserzioni si moltiplicano giorno su giorno.

In questa situazione drammatica e potenzialmente esplosiva, risalta -per la sua mancanza- il movimento pacifista.
Quello che manifestò ampiamente nel 2003 contro l'invasione dell'Iraq, oggi sembra morto. Inoltre sono pochissime (e deboli) le forze politiche che avvertono chiaramente questo pericolo a cui ci stanno conducendo gli Stati Uniti: gli unici due partiti sono Rifondazione Comunista e il PCdI: troppo poco per costruire un grande movimento di massa, di cui si sente drammaticamente la mancanza.

lunedì 9 febbraio 2015

Arabia Saudita: oscurantismo, assolutismo, terrorismo. Ma all'Occidente sta bene così...


L'Arabia Saudita è forse l'unico paese che incarna bene molti dei pregiudizi e degli stereotipi che in Occidente (inteso come Europa e Nordamerica) abbiamo rispetto al mondo arabo-islamico.

E' uno dei pochissimi Stati ad essere ancora ufficialmente una monarchia assoluta, totalmente priva di un parlamento, nonchè di una costituzione. Il potere è formalmente in mano alla dinastia dei Saud (il nome dello Stato, "saudita", è appunto legato alla dinastia regnante).



In tale paese vige il più assoluto e rigoroso confessionalismo e oscurantismo: è severamente proibita qualunque manifestazione religiosa (non solo pubblica, ma anche in privato), che non sia relativa all'islam sunnita. Nemmeno le altre confessioni islamiche, tipo gli sciiti, sono minimamente tollerate. E' l'unico caso in tutto il mondo.

E' addirittura proibito avere con sè una bibbia, un crocefisso o qualsiasi altro testo o oggetto relativo ad un'altra confessione (anche se pare che poi, nella realtà, vi sia un certo grado di tolleranza).

La giustizia è totalmente nelle mani di tribunali islamici, con un codice penale di stampo medievale (sono ampiamente praticate le punizioni corporali e amputazioni di arti, oltre che la pena di morte).

E, come è noto, le donne non possono guidare.



Per fare un paragone, nello Stato islamico di gran lunga più criticato dall'Occidente, ossia l'Iran degli ayatollah, il potere politico viene stabilito tramite elezioni (pilotate? Può essere, ma nel resto del mondo -democrazie occidentali comprese- non stiamo messi tanto meglio, se consideriamo, ad esempio, che nelle elezioni del 2000 Bush Junior divenne presidente degli Stati Uniti pur avendo perduto le elezioni, grazie ai brogli elettorali in Florida).

In Iran inoltre è concessa la libertà di culto alle minoranze religiose, le donne sono ampiamente presenti nella vita pubblica (e ovviamente possono guidare).



Ma torniamo all'Arabia Saudita.

Alla gravissima situazione politica interna, in cui manca un minimo di libertà e di rispetto dei diritti umani, si aggiunge i fatto che lo Stato saudita è uno dei principali finanziatori del fondamentalismo islamico, anche nelle sue componenti violente e terroriste (tra cui la famosa Isis).





Dunque, ce ne sarebbe a bizzeffe affinché i paesi occidentali prendano di mira tale paese.

Europa e Stati Uniti avrebbero in questo caso tutte le ragioni per promuovere una politica di condanna dell'Arabia Saudita, anche attraverso sanzioni economiche (metodi ampiamente usati e abusati con estrema facilità contro altri paesi), fino ad arrivare ad un "intervento umanitario" (che in questo caso sarebbe anche motivato dalla lotta al terrorismo), che mai come in questo caso avrebbe un senso e una giustificazione.



E invece nulla di tutto ciò!

Nemmeno una parvenza di critica (non dico condanna) per uno Stato che rappresenta il "male" estremizzato, che l'Occidente afferma di voler combattere.

E la sensibilità per i "diritti umani"? E la "lotta al terrorismo"? Niente: agli Stati Uniti e all'Europa l'Arabia Saudita va bene così.

Perchè?



Uno dei motivi principali sta sicuramente nel fatto che lo Stato saudita è il più importante produttore mondiale di petrolio. E quando c'è di mezzo il petrolio i diritti umani ce li possiamo scordare: non è conveniente inimicarsi un paese del genere.



Ma non basta l'esistenza del petrolio a spiegare tale atteggiamento di tolleranza verso un paese del genere: anche la Libia di Gheddafi, l'Iraq di Saddam Hussein, l'Iran o il Venezuela bolivariano sono grandi produttori di petrolio. Eppure, da parte dei paesi occidentali le condanne in questi anni si sono sprecate, così come le sanzioni economiche. E gli interventi militari.

Nel caso dell'Iraq e della Libia l'Occidente ha portato avanti una vera e propria guerra (con i risultati che vediamo: caos, conflitti continui, l'emergere di gruppi estremisti islamici e milioni di persone e famiglie costrette a fuggire dal loro paese).

In Iran e in Venezuela non si è (ancora) intervenuti militarmente, ma vi è una continua ingerenza, fatta di condanne e di attentati, violenze di piazza e provocazioni di ogni sorta, orchestrate dai servizi segreti occidentali, CIA in primis.



C'è un altro motivo per cui l'Arabia Saudita può governare ad opprimere brutalmente il popolo e finanziare allegramente il terrorismo, in modo tranquillo: l'alleanza con gli Stati Uniti e con Israele.

Lo Stato saudita ha più o meno sempre avuto ottimi rapporti con questi due paesi, e anche il prezzo del petrolio è sempre stato tarato compatibilmente con le esigenze economiche e politiche degli yankees.

Come vediamo anche in questi giorni, dove l'Arabia Saudita contribuisce alla decisione americana di tenere bassi i prezzi del petrolio, per danneggiare soprattutto la Russia e anche il venezuela.



Qualcuno ancora crede allo sbandieramento occidentale dei "diritti umani" e della "lotta al terrorismo"?