martedì 30 settembre 2014

Jobs act, Governo Renzi e l'attualità di Marx

Non faccio parte di quel 40% (anzi, di quel 22%, considerando anche gli astenuti) degli italiani che alle ultime elezioni europee ha votato per il PD di Matteo Renzi.
E quindi non mi aspettavo nulla di positivo da parte di questo governo. Anche perchè dovrebbe essere ormai chiaro a tutti che le politiche dei governi italiani sono sempre più condizionate -se non imposte- dall'Europa (oltre che dagli USA).
Dunque, il Jobs Act del Governo Renzi non è stato concepito dalla mente dell'ex sindaco di Firenze, ma è stato fortemente voluto dalla Confindustria e dall'Europa delle banche e del capitale finanziario, per rendere i lavoratori più licenziabili, e dunque più precari e ricattabili, e quindi per poter abbassare (ulteriormente) il costo del lavoro ed aumentare i livelli di sfruttamento (anni fa anche in Germania ci fu, in tal senso la Riforma Hartz, che introdusse i "minijobs").

Ma che cos'è il Jobs Act?
Diciamo che molto ruota intorno alla famosa questione dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, ossia, quello del licenziamento che può avvenire soltanto per giusta causa.
Questo non viene immediatamente cancellato, ma eliminato in modo graduale e progressivo -a partire dai nuovi assunti- per essere sostituito dal contratto "a tutele crescenti" (il nome suona bene, ma la realtà è ben diversa).
Tutti i diritti (conquistati, è bene ricordarlo, in decenni di dure lotte) non saranno in teoria eliminati, ma si otterranno dopo diversi anni di lavoro. Il problema è: quanti saranno i lavoratori che riusciranno a raggiungere un'anzianità lavorativa tale, da poter godere di questi diritti e non poter più essere licenziati (se non per giusta causa)? Prevedibilmente sarà una percentuale molto bassa.

Sull'articolo 18, poi, vanno chiariti alcuni equivoci.
Spesso, infatti, si sente tirare fuori l'argomento per cui a causa di tale articolo non si possono licenziare persone che lavorano poco e/o male (i "lavativi") o addirittura che danneggiano l'azienda o l'ente. Specialmente nel settore pubblico è pieno di questi soggetti.
In realtà i "lavativi" sono nella maggior parte persone raccomandate e vengono protette da qualcuno che conta e non certo dall'articolo 18. Se si facessero (il discorso vale ovviamente soprattutto per il pubblico) i dovuti controlli, molti di questi soggetti potrebbero essere benissimo licenziati anche oggi.

Ma si sa come funzionano tante cose in Italia: con la scusa dei falsi invalidi o dei pensionati non aventi diritto, alla fine si tolgono servizi e reddito a quelli che ne hanno veramente bisogno e diritto e quindi anche i "lavativi" sono utili per poter licenziare i lavoratori bravi quando serve o quando osano rivendicare salario o diritti.
Infatti, la cancellazione dell'articolo 18 serve proprio a questo: rendere i lavoratori più ricattabili e quindi maggiormente disposti ad accettare salari più bassi e turni di lavoro più massacranti.
Senza contare che si va anche verso la possibilità del demansionamento, per cui un lavoratore può benissimo essere degradato di ruolo e vedersi ridurre il livello e quindi, di nuovo, lo stipendio.
Tra l'altro il facile licenziamento avrà con ogni probabilità anche come conseguenza un (ulteriore) calo delle nascite e dei matrimoni. Infatti, una lavoratrice che desiderasse andare in maternità verrebbe immediatamente espulsa dal lavoro.



Le politiche europee (e Renzi), quindi, pensano di risolvere la crisi economica -che è essenzialmente una crisi di profitti- abbassando, di fatto, il salario dei lavoratori e dei ceti popolari. Sia il salario diretto (ciò che entra nella busta-paga) che quello indiretto (pensioni, servizi socio-sanitari, ecc.), che subisce continui tagli.

E qui entra in ballo Marx.
La crisi di profitti (sto semplificando) è una tendenza a lungo termine, connaturata al capitalismo. Questa, però, può essere temporaneamente -ma solo temporaneamente- risolta attraverso diversi fattori (che Marx chiama "fattori di controtendenza alla caduta del saggio di profitto").
Non elenco qui tutti questi fattori. Mi limito solo ad osservare come l'Europa stia puntando sul peggiore di tutti, sul più retrogrado, ossia, sull'abbassamento del salario.
Questo genere di misure potrebbero, in teoria, anche portare -nel breve-medio termine- a qualche "segnale di ripresa". Ma, quand'anche fosse, si tratterebbe di un sollievo assai effimero, dopodichè la crisi non tarderebbe a riprendere drammaticamente il suo corso.

Ma il vero allarme -a mio avviso- sta proprio nel fatto che l'Europa punti (quasi) esclusivamente a tale fattore, cioè all'abbassamento del costo del lavoro.
E' qui che emerge una tendenza di fondo di carattere addirittura storico: l'Europa e gli USA, dopo secoli di egemonia economica, politica, scientifica, tecnologica e culturale, stanno imboccando decisamente la strada del declino.
Viceversa, altri paesi dell'ex Terzo Mondo (Cina in testa; ma anche India, Brasile, ecc.) stanno emergendo non solo a livello economico-commerciale, ma anche nella ricerca scientifica, nell'innovazione tecnologica (perfino il Venezuela ha lanciato il suo primo satellite) e in altre sfere.

L'immagine che abbiamo della Cina, la quale fabbrica ed esporta prodotti di bassa qualità, ma economici, appartiene ormai al passato. Tra pochi anni saremo noi europei a produrre a basso costo prodotti di scarsa qualità, mentre la Cina -prevedibilmente- non tarderà a prendere il posto della Germania e degli USA.
Prepariamoci ad un futuro in cui diventeremo noi gli "immigrati".

1 commento:

  1. ho pensato a Marx, forse in termini leggermente diversi dal tuo post, proprio stasera guardando Servizio Pubblico e i miliardari -che lo sono divenuti tramiti gli enormi profitti in borsa- che quasi non sapevano come spendere i propri soldi...
    e i poveracci che non sanno se il giorno dopo hanno ancora un lavoro!!
    mi sa che qui tocca mettergli un po', solo un po' di paura.. le chiacchiere stanno a zero... ci vediamo il 25 (meglio se non ci vediamo perché siamo tanti..)
    ciao :)

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