martedì 28 maggio 2013

elezioni comunali: astensionismo e dittatura di fatto

Com'era fin troppo facile da prevedere, le ultime elezioni comunali hanno visto un enorme incremento dell'astensionismo.
L'astensionismo -osservazione forse banale- rappresenta nella grandissima maggioranza dei casi una sfiducia nei confronti della politica. Non solo e non tanto nei partiti (come si vuole far credere), quanto dei "politici" tout-court. Ovverossia, del fatto che questi possano rappresentare effettivamente i nostri interessi e diritti.

Un dato anche significativo è il calo dei voti al Movimento 5 Stelle. Calo che si è andato a riversare -suppongo- anche questo nell'astensionismo, cosa questa che dimostra che il voto al M5S delle ultime politiche dello scorso febbraio era in buona parte un astensionismo mascherato.

Certo, l'astensionismo rappresenta in gran parte dei casi il modo più semplice e comodo di esprimere malcontento, quando non "ribellismo". Talmente comodo da essere assolutamente sterile: negli USA da sempre vota all'incirca la metà degli aventi diritto; cionondimeno chi vnce le elezioni (con il 25% dell'elettorato effettivo) si sente più che legittimato a governare e persino a scatenare guerre sanguinose nei più remoti angoli del mondo.

Diciamo che l'aumento dell'astensionismo, a ben vedere, registra una situazione determinatasi già da tempo: il potere in Italia è ormai saldamente nelle mani dei grandi potentati economici (banche, multinazionali, USA, Vaticano...ossia, il ceto sociale chiamato anche BORGHESIA). E quindi chiunque vince le elezioni -in questa fase storica- dovrà in qualche modo piegarsi a tali interessi.
Di fatto, la nostra società assomiglia molto più ad una dittatura, che a una democrazia.
Marx parlava, giustamente, di "dittatura della borghesia".

Per chi proviene dai ceti popolari, pensare che oggi il voto possa servire per eleggere qualcuno che poi andrà concretamente a portare avanti i nostri interessi, magari scontrandosi con i poteri forti, è pura utopia. A livello nazionale non se ne parla proprio, e nemmeno a quello regionale. Forse a livello comunale, ma non certo per i comuni delle grandi metropoli. Al massimo si potrà verificare che qualcuno -se ben sostenuto a prescindere dalle elezioni- potrà realizzare alcune politiche decenti.
I poteri forti (la borghesia) oggi come oggi sono troppo potenti perchè qualche eletto possa contrastarli seriamente.

L'unica cosa che si può -e si deve- fare è quella di costruire un 'opposizione forte e seria (non parolaia alla Grillo, per intenderci).
E tale opposizione deve essere costruita innanzitutto a livello sociale, prima ancora che politico.
I settori popolari devono riprendere a LOTTARE e ad organizzarsi. La resistenza -perchè di questo si tratta- alle politiche liberiste, che stanno impoverendo milioni di persone, va portata avanti a partire dalle lotte concrete.
Su questa base, poi, si andranno a promuovere quelle forze politiche che riescono a rappresentare al meglio questi settori e queste lotte.

Si tratta di un percorso lungo, stretto e difficile e che darà i suoi frutti col tempo, ma non ci sono alternative.
Il semplice affidarsi all'"uomo forte" o a quello carismatico o all'"uomo della provvidenza" non porta a niente, se non forse a peggiorare la situazione.
Nè conviene, alla lunga, votare sempre per il "meno peggio". Ma mi pare che quest'ultima cosa sempre più italiani la stanno capendo.

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