lunedì 13 maggio 2013

come ti distruggo la sinistra italiana (parte terza e ultima)

Rifondazione Comunista
La nascita di Rifondazione Comunista -nel contesto dell'ondata suscitata dalla caduta del Muro di Berlino e mentre l'ex PCI si scioglieva per diventare, in grandissima parte, PdS- è stata di sicuro un fatto provvidenziale. Si era creato uno spazio in cui numerosi comunisti e persone di sinistra hanno potuto continuare a far politica, senza adeguarsi alla deriva liberista che stava prendendo il PdS.

Purtroppo il PRC ha avuto, costituzionalmente, dei limiti di fondo, che hanno portato il partito con gli anni a subire parecchie scissioni consistenti e ad indebolirsi.
Rifondazione Comunista sembra essere stata concepita fin dall'inizio -a differenza del PCI- come un semplice contenitore di quella che oggi viene chiamata la "sinistra radicale": il lavoro di analisi rigorosa, di elaborazione di una strategia, di radicamento tra i lavoratori e nei settori popolari, di formazione dei militanti, di costruzione di un'organizzazione capillare ed efficiente, insomma, tutto ciò che aveva consentito al PCI di essere diventato quello che era, veniva trascurato, quando non negato -o addirittura a volte disprezzato in alcuni aspetti- dentro Rifondazione (con ciò nulla togliendo a tutte quelle realtà locali che in questi anni si sono spese anche molto generosamente nella militanza; ma qui si parla del partito complessivo, del modo come è stato concepito e dei suoi orientamenti di fondo).

Proprio i recenti avvenimenti esteri (fine dell'URSS) e i cambiamenti della società e del mondo del lavoro di quegli anni avrebbero dovuto creare -se il PRC fosse stato un partito comunista valido- un dibattito e un'esigenza di analisi approfondita, per adeguare l'intervento politico. Viceversa, nel PRC l'analisi è stata praticamente assente, o limitata a pochissime persone (per analisi si intende lo studio delle dinamiche sociali profonde, e non -come di solito si fa- la semplice analisi politica, spesso molto superficiale). E ciò a dispetto del nome "rifondazione", nome che è rimasto un pio desiderio.
Il risultato è stato che le diverse anime (partitini, correnti, ecc.) che componevano il PRC hanno finito semplicemente per convivere, senza un vero confronto e soprattutto senza una sintesi. Le scissioni ne sono state una conseguenza.

Anche il Partito dei Comunisti Italiani (nato da una delle scissioni del PRC, nel 1998) nonostante il suo più netto e ostentato riferimento al PCI, non ha mai saputo creare le premesse per il rilancio di un nuovo partito comunista radicato nella società, non residuale e non subalterno alla "sinistra" moderata, limitandosi sostanzialmente a vivacchiare di rendita.


Il cosidetto "berlusconismo" e la lotta ideologica anticomunista
Spesso, a sinistra, si è parlato, nel descrivere un certo tipo di subcultura e di (mal)governo, di "berlusconismo". Termine alquanto curioso, quanto poco utile a capire certe dinamiche. Si sono attribuiti i vari successi che ha avuto Forza Italia (e le coalizioni di centro-destra) soprattutto al fatto che il Cavaliere avesse in mano le televisioni (o addirittura al presunto "rincoglionimento" di tanti italiani, che l'hanno votato).
In realtà, tali successi sono derivati essenzialmente dal fatto che Berlusconi ha saputo creare un blocco sociale tra i ceti piccolo-medio borghesi e una grossa fetta della grande borghesia.
Ma, a ben vedere, anche dal fatto che il partito egemone della "sinistra", ossia il PdS-DS (poi PD) si è limitato ad evocare e ad usare l'antiberlusconismo soltanto quanto gli serviva per drenare i voti di sinistra, ma non ha mai lavorato concretamente per indebolire Berlusconi, quando ha potuto farlo.

Viceversa, il PdS-DS-PD si è totalmente inserito -e molto attivamente, nonostante le origini dei suoi dirigenti- nella lotta ideologica anticomunista post '89.
Lotta ideologica che, distorcendo la storia, si è basata sulla caricatura dei soli aspetti negativi dei paesi a socialismo reale ("dimenticandone" i numerosi lati positivi e progressisti) e presentando "il comunismo" come opzione politica fallimentare, se non detestabile, arrivando addirittura a paragonare tali società a quelle nazi-fasciste, in nome di un mai ben definito "totalitarismo".
Tali discorsi non hanno nulla a che fare con un'analisi storico-sociale seria (tanto è vero che i "nostalgici" del socialismo reale nell'Europa dell'Est sono numerosi e in crescita). Si tratta di una vera e propria lotta ideologica, finalizzata a sradicare nella coscienza dei ceti popolari l'idea che sia possibile una società migliore e più giusta di quella dominata dalle banche e dalle multinazionali (e in Italia anche dal Vaticano), insomma, dal capitalismo.

La lotta ideologica è molto importante e quella anti-comunista in Italia ha talmente fatto breccia, che noi oggi ci troviamo in una situazione in cui milioni di giovani (e meno giovani) disoccupati e di lavoratori e pensionati che non arrivano alla fine del mese, i quali avrebbero tutte le ragioni di aderire ad un discorso di superamento del capitalismo, viceversa se ne tengono assai a distanza, e, nella loro confusione ideologica, si lasciano più facilmente incantare dalle sirene degli urlatori ambigui, tipo Grillo.

Sempre sul fronte ideologico va ricordato che un ruolo importante nello spostamento della coscienza del "popolo di sinistra" verso posizioni liberiste l'ha svolto sicuramente il quotidiano "La Repubblica", il quale ha dato a suo tempo anche un apporto decisivo affinchè venisse sciolto il PCI.


Conclusioni
E' paradossale che proprio ora che c'è la crisi e che stanno venendo -drammaticamente- al pettine i nodi del capitalismo e le conseguenze delle politiche liberiste degli ultimi decenni, in Italia non esiste praticamente più una forza in grado quantomeno di contestare seriamente tali politiche (il M5S pratica una contestazione molto piccolo borghese, ossia, critica alcuni aspetti del capitalismo, ma non il capitalismo tout-court; anzi, sembra auspicare un ritorno alla piccola imprenditoria, ormai ampiamente superata dall'evoluzione de capitalismo stesso).
Quindi, manca una forza coerentemente di sinistra.
E siamo forse l'unico paese europeo in queste condizioni. Dalle stelle alle stalle, è il caso di dirlo!
Il compito, la sfida più grossa oggi in Italia è proprio questa: ricostruire una forza di sinistra (e una comunista, le due cose possono e devono viaggiare in modo parallelo). Una sinistra che non sia nè subalterna ai poteri forti, come lo sono il PD e tutto ciò che gli ruota intorno, nè tantomeno settaria e marginale.
L'unica "rivoluzione" possibile in Italia, oggi come oggi, è questa.

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