sabato 7 ottobre 2017

"rossobrunismo", Fusaro, anti-globalizzazione e dintorni


Negli ultimi anni si sta diffondendo –complici youtube, facebook e i vari social- una “nuova” corrente di pensiero politica (almeno nuova sotto alcuni aspetti), che in alcuni casi viene chiamata "rossobrunismo", anche se numerosi suoi sostenitori non si riconoscono in tale termine.
Tale corrente di pensiero è presente e sta diffondendosi sia a destra, che a sinistra e pure in ambienti politicamente di centro. Esercitando un certo fascino anche tra non pochi simpatizzanti del M5S. E, anzi, il più delle volte chi rientra in questa corrente considera superati gli stessi concetti politici di “destra” e “sinistra”.

Come molte correnti di pensiero, anche questa non ha limiti ben precisi e presenta, al suo interno, differenti interpretazioni e diversi accenti e sfumature. Uno dei rappresentanti più in vista di tale filone di pensiero è un “opinion maker” emerso recentemente alla ribalta, ossia Diego Fusaro.

La caratteristica principale di questa corrente di pensiero è quella di una forte critica alla cosiddetta “globalizzazione”, vista tout-court come un fenomeno assai negativo in più o meno tutti (o quasi) i suoi aspetti.
Ossia, da una parte vengono criticate le istituzioni del capitale finanziario (banche, Unione Europea, FMI, multinazionali, massonerie, ecc.). Dall’altra, però, anche il fenomeno immigratorio viene visto in modo altrettanto negativo, così come in genere le società multi-etniche.
Allo stesso modo vi è una forte critica rivolta –con varie sfumature- alle battaglie per i diritti dei LGBT (gay, lesbiche, bisessuali e transgender).

Come spesso accade, è impossibile qui rendere conto di tutte le interpretazioni, sfumature e sfaccettature di tale corrente di pensiero. Diciamo che si possono individuare –molto schematicamente- due filoni interpretativi, uno chiaramente di destra e l’altro più “di sinistra”.

Il filone di destra di tale pensiero prende di mira soprattutto il fenomeno immigratorio (assai più blanda, quando c’è, la critica al capitalismo) e la tendenza alla formazione di società multi-etniche.
Vi è, in questo caso, una differenza molto netta rispetto alla generica xenofobia, ossia l'ostilità o diffidenza verso gli immigrati più o meno spontanea. L’intero fenomeno migratorio viene visto, infatti, come un’operazione pianificata a tavolino da parte di qualche centro di potere occulto (massonico, ebraico, o altro) e finalizzato a sostituire, in prospettiva, le popolazioni europee -viste in qualche modo come “migliori”- con quelle africane o asiatiche, considerate più “deboli”. E qui scadiamo, in pratica, nel razzismo vero e proprio.
In alcune versioni si parla anche di un (presunto) progetto di islamizzazione delle popolazioni europee (probabilmente c’entra anche l’influenza di certi discorsi semi-deliranti della Fallaci, scritti in tarda età).

Sempre nella versione di destra, è forte la condanna ai diritti dei LGBT (Fusaro parla di “cultura gender”), visti, anche questi, come strumento che contribuirebbe ad “indebolire” i popoli europei, spingendoli a sposarsi di meno e a fare meno figli (io credevo che fossero i lavori precari e sottopagati, nonché la difficoltà a farsi una casa il vero problema per le giovani coppie, ma evidentemente continuo ancora a ragionare per “vecchi schemi ideologici”).

L’interpretazione "di sinistra", viceversa, mette l’accento soprattutto sulla critica al capitalismo finanziario. Ma anche il fenomeno migratorio viene messo in qualche modo sotto accusa, in quanto consente di ricattare la forza-lavoro autoctona e a farle accettare salari più bassi e condizioni di lavoro peggiori.
Questo discorso è giusto, ma impreciso e insufficiente: l’attacco al salario dei lavoratori si basa, infatti, non solo e non tanto sull’immigrazione di massa, quanto su molteplici fattori, tra i quali la delocalizzazione, le esternalizzazioni, nonché sul tendenziale spostamento delle forze politiche di sinistra e sindacali, negli ultimi decenni, su posizioni assai meno combattive e più compatibili con le esigenze del capitale.
Inoltre l’immigrazione, sebbene sia il prodotto –in ultima analisi- dell’imperialismo (“globalizzazione”), rimane comunque un fenomeno essenzialmente spontaneo e non programmato, né programmabile (se non in minima parte, e più nella direzione dei flussi, che non nel fenomeno in sé).

Sui diritti dei LGBT l’interpretazione di sinistra non avrebbe in sé nulla in contrario. Solo che ritiene che questo genere di battaglie siano prerogativa delle forze politiche borghesi e che i partiti operai e comunisti non se ne debbano occupare per niente (anche su questo punto non concordo; la centralità della lotta di classe, per un comunista, non deve significare che non bisogna occuparsi anche delle battaglie sui diritti civili).


Ci sono parecchie cose che non mi convincono di questa corrente di pensiero, anche nella sua versione “di sinistra”. Ciò non significa, naturalmente, che al suo interno non possano trovarsi a volte anche intuizioni giuste ed interessanti. Ma di solito formulate in modo quantomeno discutibile.
Passiamo agli aspetti più critici.
A parte i tratti più palesemente razzisti e omofobi di questa corrente –che condanno senza mezzi termini- per il resto credo che il punto debole principale di tale pensiero stia nell’interpretazione delle dinamiche della “globalizzazione” come se fossero totalmente (o quasi) determinate, decise a tavolino, da un ristretto e omogeneo gruppo di potere, considerato semi-onnipotente. Una sorta di “grande fratello”, in grado di vedere, controllare e dirigere tutto ciò che si muove al mondo.

In realtà gruppi massonici e lobbies molto potenti esistono, eccome! Basti pensare, ad esempio, al Gruppo Bilderberg, alla Trilateral, ai Neocon e tanti altri, spesso poco noti al grande pubblico. Solo che questi, sebbene siano potentissimi ed abbiano enormi capacità di influenzare certe dinamiche “globali”, sono tuttavia ben lontani dal controllare tutto.
L’andazzo della guerra in Siria, ad esempio, ha preso una strada molto diversa da ciò che l’elite finanziario-politico-militare euro-atlantica aveva auspicato e programmato. Numerose sono le dinamiche che sfuggono al controllo e alla volontà di questi gruppi di potere.
Gruppi di potere che spesso sono, peraltro, anche molto meno omogenei di quanto appaiano o vogliano far sembrare.
Questo discorso sarebbe da approfondire, riprendendo la categoria di “imperialismo” di Lenin e attualizzandola alla realtà del 2017. Ma ovviamente non è possibile farlo qui.


A che cosa è dovuto l’emergere e il diffondersi di queste teorie in tempi recenti?
A mio avviso la causa principale sta nella crisi economica, accentuata dalle politiche di austerity, che ci impone l’UE -e specificamente l’area-euro- che sta tartassando e mandando in rovina gran parte della piccola e media borghesia.
Questi strati sociali si sentono sempre più schiacciati ed impoveriti, oltre che dalla crisi, dall’esasperarsi della concorrenza internazionale e dalle politiche economiche, che favoriscono le grandi multinazionali, spesso straniere (da qui l’odio nei confronti della “globalizzazione”).
E, come spesso accade, questi settori piccolo-medio borghesi tentano di influenzare gli strati sociali più proletari, i lavoratori, interpretandone il crescente malcontento ed indirizzandolo, però, dove interessa a loro, ossia, verso un impossibile ritorno indietro nel tempo, verso il vecchio capitalismo “buono”, più di stampo nazionale, dove la piccola-media borghesia aveva il suo spazio e il suo discreto benessere. In un’ottica, dunque, quantomeno conservatrice, se non reazionaria.

Un’ultima osservazione doverosa su Diego Fusaro.

Egli cita spesso Marx e Gramsci e si presenta come se fosse un interprete delle loro teorie. Ma, in effetti, il discorso che poi egli sviluppa si allontana tantissimo dal marxismo (e da Gramsci). Tanto per fare un esempio, dire che la “cultura gender” spinga gli italiani a non fare più figli significa proporre una tesi nettamente idealista. Ossia, l’esatto opposto della concezione marxista.

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