lunedì 24 aprile 2017

elezioni in Francia. Dalla padella alla brace.

Le elezioni presidenziali francesi presentano al primo turno la vittoria, ampiamente prevista, di Marine Le Pen e quella –meno attesa- di Emmanuel Macron, il quale sopravanza il primo.
Ci sarebbe, per la verità, pure il successo di Melenchon, anche se non è andato al ballottaggio, ma su questo tornerò in seguito.

Già leggo una serie di commenti, che mi ricordano tanto i discorsi che dominavano nella sinistra italiana dei decenni passati. Ossia, che sarebbe preferibile che vincesse Macron, piuttosto che la Le Pen. Perché quest’ultima è “fascista”, e quindi è sempre meglio un “liberale”, che non una di destra.

I risultati di questa logica?
Sono sotto gli occhi nostri: oggi in Italia la sinistra vera e propria è semi scomparsa. A livello di massa, la “sinistra” è sostanzialmente identificata col PD (anche perché, diciamocelo, SEL ha fatto ben poco per distinguersi da questo) e le sue politiche ultra-liberiste e di austerity, che hanno ridotto e continuano a ridurre milioni di italiani sul lastrico.
D’altronde abbiamo visto nei decenni scorsi che ogni vittoria del “Centro-sinistra” era, in fin dei conti, una vittoria delle destre rimandata di qualche anno. Infatti, i governi di Centro-sinistra portavano avanti politiche liberiste (come e anche più di quelli del Centro-destra), creando malcontento nella società. La crescente insoddisfazione di massa, poi, sempre meno rappresentata dalla “sinistra”, si dirigeva sempre più verso le destre.

Lo schema mentale, dunque, per cui è da preferire un “liberale” ad uno di destra -perché il primo sarebbe quantomeno democratico, mentre il secondo no- poteva andare bene nel secolo scorso (e soprattutto negli anni ’30 e ’40), ma oggi non ha più alcun senso. E prima ci liberiamo da questo schema, meglio è.
Oggi, infatti, almeno in Europa, non esiste il pericolo del ritorno ad una dittatura classica, di tipo fascista.

Intendiamoci, la nostra società sta diventando sempre più autoritaria e repressiva.
Ma, intanto, non sono le destre tradizionali a renderla tale, bensì, ad esempio da noi, il PD.
Si tratta in effetti, di un autoritarismo bipartizan, molto meno esplicito, rispetto al fascismo, ma anche assai più insidioso.
Oggi il controllo sociale e il restringimento degli spazi di democrazia passa, ad esempio, attraverso il controllo dei mass-media (in barba al “pluralismo”), e dunque, delle coscienze, passa attraverso lo stesso sistema elettorale maggioritario, nonché una concezione sempre più leaderistica della politica, attraverso il recupero sistematico degli elementi “ribelli”, che vincono le elezioni (gli esempi sono numerosissimi –sia a destra, che a sinistra- e vanno da Tsipras a Obama, a Trump, alla Raggi, ecc.), attraverso l’annullamento di fatto dei risultati dei referendum (quello sull’acqua pubblica in Italia e quello –clamoroso- greco di due anni fa).
Per non parlare della dittatura economica, col ricatto del debito pubblico e del “non ci sono i soldi”, con il restringimento degli spazi sindacali, con il crescente potere delle multinazionali e delle banche sugli Stati.
Anche la censura, oggi, non è più esplicita, ma esiste. Solo è molto più subdola.

Dunque, il problema oggi non è il “ritorno al fascismo”, bensì il dominio –sempre più capillare e pervasivo- del grande capitale finanziario, delle banche, delle multinazionali e delle pulsioni guerrafondaie, che albergano nell’UE e nella NATO.
Se proprio vogliamo parlare di “fascismo”, questo oggi è sicuramente più rappresentato –in Francia- da Macron, che non dalla Le Pen.
Ciò non vuol dire che dobbiamo tifare per quest’ultima, ci mancherebbe. Anche perché nell’improbabile caso che questa vincesse il ballottaggio, sarebbe anche lei in gran parte costretta ad adeguarsi alle esigenze del capitale.
D’altronde Emmanuel Macron è un uomo del Gruppo Bilderberg (come lo sono stati, in Italia, Prodi, Monti, Letta, e altri ancora). E non è un caso che è passato in pochi mesi dall’anonimato al risultato finora migliore che hanno ottenuto i candidati francesi alle presidenziali.

Due parole su Jean Luc Melenchon.
Il suo relativo successo è dovuto, secondo me, al fatto che s’è saputo porre –finalmente qualcuno a sinistra che lo fa- come un uomo “di rottura”.
Contrariamente a tanti esponenti della sinistra anche “radicale”, in Europa, egli non s’è solo limitato a denunciare i limiti dell’euro-austerity, e della cosiddetta “globalizzazione” (ossia, imperialismo), ma è arrivato a prospettare anche un’eventuale uscita dall’euro.

Il problema è sempre quello: rappresentare il malessere e gli interessi dei ceti popolari, dei lavoratori, pensionati, disoccupati, ecc.
E non basta nemmeno quello. Questi settori devono essere organizzati e lottare, fino ad arrivare a costituire una notevole forza sociale. Altrimenti qualunque ipotetico successo elettorale sarà vanificato dai ricatti dello strapotere finanziario (vedi Tsipras).


1 commento:

  1. Concordo su ogni virgola, la censura oggi è più subdola, il controllo sociale passa attraverso un pluralismo d'informazione dei media sbandierato ma in realtà nei fatti inesistente. E da noi è il PD ad avere tale controllo. E poi esiste la dittatura economica come l'hai perfettamente descritta nel tuo post. Complimenti una disamina esaustiva ed assolutamente vera.

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