mercoledì 20 gennaio 2016

i problemi degli italiani e la mancata unità della sinistra

Da quando il Partito Democratico è finito in mano a Renzi e ha subito un ulteriore (l’ennesimo) spostamento verso destra, ossia, su posizioni ancora più in difesa degli interessi del grande capitale finanziario (multinazionali, banche) euro-americano, della Banca Centrale Europea e della NATO, s’è finalmente –con un po’ di ritardo, a dire il vero- innescato un meccanismo di fuoriuscita da questo partito di pezzi significativi e importanti, come Cofferati, Fassina e Civati.

Ciò ha contribuito –assieme ad altri fattori- a spingere gran parte di ciò che è rimasto della sinistra italiana ad una riflessione e ridefinizione di sé stessa, tentando anche di superare, per quanto sia possibile, le vecchie divisioni.
Anche perché la concorrenza della Lega di Salvini e del Movimento 5 Stelle è fortissima e il rischio è che il già vastissimo bacino elettorale che queste due forze –soprattutto il M5S- hanno risucchiato alla sinistra negli ultimi anni, si allarghi ancora di più (oppure che cresca ulteriormente l’astensionismo).

Eppure, nonostante tanti buoni propositi, anche questa volta il tavolo delle trattative tra le varie forze/soggetti di sinistra s’è rotto (Sinistra Italiana da questo punto di vista si limita ad essere un fenomeno praticamente solo parlamentare/istituzionale).
Perché?
Formalmente ciò è accaduto perché Rifondazione Comunista non ha accettato la richiesta di sciogliersi come partito.
Ma in realtà tale richiesta, peraltro assurda e incomprensibile, nasconde il rifiuto a discutere sulle questioni veramente dirimenti, a cominciare dal rapporto col PD. Soprattutto la componente istituzionale di Sinistra Ecologia e Libertà non ha intenzione di rompere col PD e di rimettere in discussione la sua permanenza in numerose giunte locali assieme a tale partito.

Ma dietro tale aspetto ce n’è un altro ancora più profondo –a mio avviso- e di cui ho trattato più volte in diversi articoli sul blog: la perdita di significato che il concetto (politico) di “sinistra” ha subito in Italia negli ultimi decenni.
Ossia, che una politica di sinistra debba sostanzialmente difendere gli interessi dei ceti popolari e dei lavoratori A DISCAPITO di quelli delle grandi lobbies economiche (politiche, militari, ecc.) è chiaro in quasi tutto il mondo. Ma non nell’Italia di oggi.
Dunque, una politica che sia veramente di sinistra è incompatibile con le misure neoliberiste e di austerity a cui ci costringe l’Europa, nonché con quelle guerrafondaie ed interventiste imposte soprattutto dagli USA.

Ora, la ricostruzione di una sinistra che si possa veramente considerare tale richiede oggi in modo imprescindibile quantomeno una discussione ed un confronto su queste tematiche.
Anche perché in Italia la situazione economico-lavorativa è devastante e peggiora sempre più (checché ne dicano le dichiarazioni, ridicole quanto propagandistiche, del nostro presidente del consiglio).
E il malessere sociale e il malcontento sono in continua crescita. Ed è a tutto questo che va data una risposta, altroché “Rifondazione si deve sciogliere”.

Anzi, dirò di più: alla luce della dura sconfitta che ha subito l’estate scorsa il pur generoso tentativo del Governo Tsipras di contenere le pesanti richieste di tagli da parte della BCE e di risparmiare al popolo greco un ulteriore misura di massacro sociale (dopo quelle già pesantissime degli anni precedenti), andrebbe messa all’ordine del giorno un’altra questione, quella dell’euro.
L’introduzione di questa valuta lungi dal realizzare una maggior integrazione economica, politica e culturale tra i popoli europei, ha prodotto, viceversa, maggiori diseguaglianze, aumento degli squilibri e maggior diffidenza e lontananza tra essi. Oltre ad un generale impoverimento di un po’ tutti.

Pur rimanendo convinto che il mero ritorno alle valute nazionali –come agitato demagogicamente dalle forze politiche conservatrici- non basterebbe di certo a risolvere molti problemi, è importante tuttavia, ragionare su come un governo (progressista) possa riassumere il controllo della propria moneta, condizione indispensabile per qualsiasi politica di rilancio economico, dell’occupazione e di benessere sociale.
Tutto ciò è di fatto impossibile con una moneta controllata dalla BCE, la quale ha, come s’è visto, una potentissima leva di ricatto per imporre a tutti i paesi le sue politiche, a prescindere dai governi e dai parlamenti eletti dai popoli e perfino –Grecia docet- dai referendum.

Ritornando alla sinistra italiana, se si vuole ricostruire e unire una forza veramente di sinistra, occorre discutere di questi temi, quindi del malessere sociale, della disoccupazione, del precariato, delle pensioni, scuola, sanità, ecc. Serve capire come venire incontro alla crescente sofferenza dei ceti popolari. E per far ciò bisogna sbarazzarsi di tutto l’impianto liberista. A cominciare dal PD, che ne è il cardine.
Il resto sono chiacchiere o becero politicismo e tatticismo.

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