mercoledì 2 maggio 2012

1 Maggio. Festa del lavoro. Che non c'è...

Perchè c'è tanta disoccupazione? Perchè manca il lavoro, o è precario?
La risposta è semplice e complicata allo stesso tempo: perchè non ci sono investimenti.
Per investimenti si intendono quelli produttivi e/o per le infrastrutture necessarie (non sono investimenti produttivi, ad esempio, le colate di milioni di metri cubi di cemento con la relativa speculazione edilizia, o opere faraoniche quanto inutili, come la TAV in Val di Susa o il Ponte sullo Stretto di Messina).

Gli investimenti creano occupazione, migliorano il tenore di vita della popolazione, alimentano i consumi e fanno ripartire l'economia, generando ulteriore occupazione.
In Cina la crisi economica degli ultimi anni (che si è sentita pure lì) è stata superata proprio grazie ad un gigantesco piano di investimenti e all'aumento del salario deciso dal governo.
Solo che lì governa un partito comunista. Da noi no: governano le banche!

Sorge una domanda: chi deve fare gli investimenti?
In teoria dovrebbero essere gli imprenditori privati a farli, dato che viviamo un una società capitalistica (e che tanto esaslta i privati).
Ma scordiamocelo!
Gli imprenditori (tranne poche eccezioni) investono soltanto quando hanno ottime prospettive di realizzare profitti a breve termine. Altrimenti se ne guardano bene. E in modo particolare quelli italiani, i quali brillano per mentalità "bottegaia" e una pressocchè totale assenza di lungimiranza.
A questo si aggiunge il fatto che oggi le banche tendono a chiudere sempre più i rubinetti finanziari agli imprenditori.
Quindi, tocca allo Stato investire. Così è stato negli anni '30 (vedi Keynes).

Potrebbe sembrare assurdo che gli Stati debbano investire, quando abbiamo il problema del debito pubblico da risolvere. Ma non lo è affatto.
Ora, a parte il fatto che il debito pubblico non è necessariamente un problema (non lo è stato per tanti anni), c'è da dire che se l'economia dovesse ripartire grazie agli investimenti, il problema del debito pubblico si può quantomeno contenere.
Maggiori investimenti significano, infatti (come già detto) più lavoro, più consumi e quindi alla fine si traducono in maggiori introiti per lo Stato. Sia sotto forma di maggiori entrate fiscali, sia come acquisto di titoli di Stato.
E fin qui siamo alla visione keynesiana.



Il discorso marxista è un po' diverso e più profondo e analitico.
Per Marx, la disoccupazione (che chiama "esercito industriale di riserva") è connaturata al capitalismo. Il capitalismo produce spontaneamente disoccupazione e se ne serve per mantenere bassi i salari (grazie al classico ricatto: o accettate basse paghe e/o ritmi di lavoro pesanti, oppure vi licenzio; tanto è pieno di disoccupati che sono pronti a prendere il vostro posto).
Soltanto con il superamento del capitalismo e, quindi, della produzione per il profitto, si potrà distribuire il lavoro a più persone possibile ("lavorare meno, lavorare tutti") e ad eliminare definitivamente la piaga della disoccupazione.

Il problema è che oggi in Europa comandano le banche (e soprattutto la BCE). E queste rifiutano categoricamente una soluzione di tipo keynesiana. Figuriamoci quella socialista-anticapitalista.
E quindi o ci rassegnamo allo strapotere dittatoriale bancario -Monti ci è stato imposto da queste- accettando la disoccupazione (nonchè la precarietà e il supersfruttamento di chi ha la "fortuna" di lavorare), oppure ci organizziamo per cambiare le cose.
E per cambiare le cose, non ci sono scorciatoie: occorre LOTTARE. E organizzarci.

Non serve correre dietro l'uomo forte, o il grande leader carismatico e neppure agli "urlatori" di professione. Specie se non è chiaro dove vogliono arrivare.
Bisogna lottare, ma in modo organizzato, intelligente e con coscienza.
Per questo serve -sò di essere tremendamente controcorrente- un PARTITO.
Sì: un partito!
Un partito con un programma chiaro e coerente.

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