domenica 5 febbraio 2012

Monti, il posto fisso e l'articolo 18

La recente "battuta" di Monti su quanto sarebbe monotono il lavoro fisso, ricorda vagamente un'altra infelicissima battuta, quella del fu Padoa-Schioppa sui "bamboccioni". Sono "battute" decisamente di cattivo gusto (forse non ai pessimi livelli di quelle di Berlusconi, ma ci si avvicinano).Ma dietro queste "battute" c'è sempre qualcosa di più pesante. Ossia, nel caso di Monti, l'attacco all'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.

L'articolo 18, quello sul licenziamento, è stato una grande conquista umana e civile.
Senza entrare troppo nei dettagli, l'articolo 18, contrariamente a quanto molti dicono (disonestamente) NON dice che il lavoratore non può essere mai licenziato per nessun motivo.
Dice semplicemente che dietro un licenziamento deve esserci una giusta causa. Tutto lì.

In Italia molti lavoratori -e purtroppo ce ne sono- che lavorano male, che sono assenteisti, poco diligenti, ecc. (i cosidetti "fannulloni") sono troppo spesso -ahimè- tutelati. Ma non dai sindacati o dall'articolo 18, bensì evidentemente da qualche pezzo grosso.
E' la forte raccomandazione che spinge molti soggetti a curarsi poco o niente di svolgere bene il loro lavoro. Ed è quella, al limite, che andrebbe combattuta, non certo l'articolo 18.

Lo scopo fondamentale dell'articolo 18 è ben altro: ossia, quello di evitare ai lavoratori il ricatto del licenziamento. Infatti, un lavoratore licenziabile è -va da sè- fortemente ricattabile.
Ricattabile soprattutto a livello sindacale.
E' noto come tra i lavoratori con contratti a tempo determinato -e non parliamo di quelli con contratti ancora più precari- gli iscritti al sindacato diminuiscono fortemente.

Ma i ricatti non sono solo sindacali. A molte lavoratrici (non tutelate) viene di fatto proibito di avere dei figli. Pena, ovviamente, il licenziamento.
E non parliamo dei vari ricatti sessuali, per cui chi desidera mantenere il lavoro è costretta a prestazioni sessuali con il "datore di lavoro".

Ma la cancellazione dell'articolo 18, ci viene detto, serve a rilanciare l'economia italiana. NIENTE DI PIU' FALSO!!!
Sono ormai più di vent'anni che vengono erosi diritti e conquiste dei lavoratori, sempre con la scusa che ciò sarebbe necessario per rilanciare l'economia e l'occupazione (l'elenco è lunghissimo, a partire dalla cancellazione della scala mobile, all'introduzione del precariato legalizzato, ecc.).
Risutato? Mai l'economia italiana è andata così male!
Ma poi basta guardare le aziende con meno di 15 dipendenti (dichiarati), ossia, la dove l'articolo 18 non si applica. Sono quelle che vanno peggio! Ne chiude una dopo l'altra!

L'economia italiana si rilancia a suon di investimenti produttivi (qualcuno li ha visti?) e puntando sulla ricerca (altra scomparsa nel Bel Paese), e non certo tagliando (ulteriormente) il costo del lavoro. Cosa che tra l'altro deprime fortemente la domanda, già tremendamente depressa dalle altre misure di questo e del precedente governo.

Per concludere, una domanda: in Grecia non mi risulta che esiste qualcosa come l'articolo 18. Se per "rilanciare l'economia italiana" è necessario cancellarlo, perchè l'economia ellenica allora non va a gonfie vele?

1 commento:

  1. condivido in toto. Eppure questi argomenti (quelli che tu sapientemente avversi) stanno facendo breccia pure a "sinistra".
    Tenere duro sempre mollare mai!!
    E.

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