sabato 7 gennaio 2012

Beppe Grillo, qualcosa di giusto, ma non mi convince proprio!

In passato, sono stato, per anni, un grande ammiratore di Beppe Grillo. Ciò che apprezzavo in lui era il fatto che -a differenza di tanti altri- non si limitava a fare la solita e scontata critica a Berlusconi, bensì andava a colpire i poteri forti meno visibili, quelli che non appaiono al grande pubblico. I quali coincidono più col potere economico, che con quello politico. E Grillo era bravo a mettere in luce certe dinamiche, come la subordinazione del potere politico a quello economico.
Ma a partire dal "V-day" del 2007, il comico genovese sembra essersi rimangiato quel discorso: i suoi strali contro (indifferentemente) tutta la classe politica riprendono -amplificandoli- tutti i luoghi comuni semplicistici e superficiali dell'"uomo della strada". E con uno stile che ricorda, a tratti, quello dei leghisti.
Per carità, non voglio paragonare Beppe Grillo a soggetti come Calderoli o Borghezio: il primo è pur sempre un essere umano dotato di intelligenza.
Ma, certo, il suo farsi megafono degli stereotipi banali contro "i politici" non gli fa molto onore. Anche perchè in questo modo non fa altro che alimentare la confusione.

In un recente articolo sul suo blog, Beppe Grillo attacca pesantemente addirittura chiunque si azzarda a dire che i politici non siano tutti eguali. Perchè secondo lui sarebbero tutti ladri, corrotti, mafiosi.
Cioè -prendendo il comico sulla parola- ad esempio, un consigliere comunale di un paesino di 2-3 mila anime che percepisce sì e no 1.000 Euro al mese sarebbe un ladro -perchè è pur sempre un "politico"- mentre Beppe Grillo, che nel 2005 guadagnava 4 milioni l'anno (ora saranno senz'altro di più) sarebbe un onesto cittadino "derubato" dal primo.
E poi, che significa "politico"?
Grillo si ritiene un comico e non un politico. Ma il definirsi "non-politico" dà forse garanzie di onestà e trasparenza?
Come non ricordare, allora, Berlusconi, che si è sempre definito un "non-politico" pure lui (anzi, un "imprenditore prestato alla politica")? E Marrazzo? E lo stesso Monti, considerato un tecnico e non un politico?

Ma ritengo che il fenomeno-Grillo e il Movimento 5 Stelle sia da capire e analizzare meglio, non fermandosi alla scontata critica di qualunquismo.
Il relativo successo che stanno ottenendo Grillo e il Movimento 5 Stelle è dovuto al fatto che egli dice ANCHE delle cose giuste. E sicuramente alcune delle battaglie che porta avanti sono sacrosante.
Il problema è che Grillo, nella sua vastissima retorica, dice cose giuste, cose giustissime, ma anche cose meno giuste, discorsi ambigui e cose sbagliatissime.
Dire -tanto per fare un esempio- che grazie ad internet si annullerebbero le gerarchie e si realizzerebbe un rapporto orizzontale è semplicemente FALSO!! Nessuno all'interno del M5S è in grado di contestare efficacemente Grillo! E d'altronde un leader carismatico e mass-mediatico come lui, con la sua enorme visibilità, sovrasta, oscura e -di fatto- cancella qualunque voce dissenziente all'interno del M5S.
E ci sarebbe da aggiungere che il comico genovese non è certo tenero quando attacca chi la pensa diversamente da lui.

Comunque sia, il programma del Movimento 5 Stelle -l'ho letto- mi sembra poco significativo: è esageratamente dettagliato su alcuni punti specifici, mentre è inesistente su alcune tematiche generali importanti (non dice nulla, ad esempio, sulla lotta all'evasione fiscale).
C'è un'eccessiva esaltazione di internet (vista quasi come se avesse poteri taumaturgici) che fa il paio con la sua ostentazione di "nuovismo". E con la sua inappellabile accusa ai "politici" di essere "vecchi".
A me, la retorica del "nuovismo" (retorica che esiste da sempre e, quindi, paradossalmente, molto vecchia) non ha mai affascinato: di solito chi si auto-proclama "nuovo" non lo è affatto!



Per concludere, la vera essenza del "grillismo" non sta, secondo me, nel Movimento 5 Stelle, nè tantomeno nel suo programma, bensì nell'impatto mass-mediatico del suo "guru" e della sua dirompente retorica.
Beppe Grillo sta costruendo l'ennesimo partito d'opinione, basato sulla persona.
Si tratta di una moda che esiste ormai da oltre 20 anni. Iniziarono Pannella e Orlando (chi ricorda "la Rete"?), poi Berlusconi, Di Pietro, ecc.

Rimango convinto che se vogliamo difenderci efficacemente dalla "casta" (non solo "politica", ma soprattutto bancaria ed europea) che ci sta sempre più portando verso la povertà, non bastano certo i leaders carismatici (sempre ammesso che questi abbiano davvero intenzione di difenderci).
Occorrono strutture di lotta, organizzate e di massa, radicate sul territorio e nei luoghi di lavoro. Organismi con un programma chiaro ed una collocazione (ed una cultura) politica non ambigua.
I "vaffanculo" possono servire per sfogarci, ma non certo per conseguire risultati importanti.

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