giovedì 19 dicembre 2013

ma sì, continuiamo a privatizzare....

La grande ondata privatizzatrice in Italia è iniziata negli anni ’90, sull’onda della “sbornia ideologica” liberista, per cui veniva messo ferocemente in discussione il ruolo dello Stato (considerato inefficiente, corrotto, se non ladro) nell’economia, in favore delle imprese private (considerate, viceversa, la parte “sana” della società).
Questa “sbornia ideologica” liberista, oltre ad aver favorito l’emergere di figure discutibili come Berlusconi (allora considerato solo un abilissimo imprenditore di successo), portò soprattutto il governo del Centro-sinistra Prodi a privatizzare enormi settori imprenditoriali e bancari, fino allora dell’IRI (da notare che paesi molto più avanzati ed efficienti di noi –tipo Germania e Francia- si sono guardati bene dal privatizzare settori di importanza strategica, come è stato fatto da noi). L'elenco sarebbe lunghissimo e ve lo risparmio.

I risultati?
Ora, mettiamo da parte i guadagni miliardari di imprenditori di dubbie capacità (e moralità), del calibro di Colaninno o Tronchetti-Provera e proviamo anche a dimenticarci che molte aziende e banche sono state svendute a prezzi bassissimi (quando valevano assai di più).

Passiamo alle conseguenze: intanto aziende italianissime sono passate nel giro di pochi anni in mano straniera (Alitalia ai francesi, Telecom agli spagnoli, Alcoa agli americani, solo per citare i casi più noti).
Poi, i tanto sbandierati miglioramenti del servizio si sono rivelati spesso un flop (Trenitalia investe praticamente solo sull’alta velocità, a scapito del servizio locale e pendolare, in condizioni da paese sottosviluppato).
I costi dei servizi molte volte invece di diminuire sono aumentati e i tagli sui posti di lavoro sono stati notevoli. Per non parlare di aziende che chiudono (l’Alcoa e, almeno in parte, l’Ilva).
Non è un caso che in diversi paesi europei (Francia, GB) alcuni servizi già privatizzati, vengono ri-pubblicizzati.

Ma veniamo ai giorni nostri.
Il Governo Letta, nell’intento di rispettare gli accordi europei sulla riduzione del debito pubblico (fiscal compact), vuole proseguire con le privatizzazioni. E’ possibile che la scelta di privatizzare sia dettata dalla volontà di attenuare il massacro sociale che si avrebbe praticando una politica di soli tagli.
Ma, per i motivi di cui sopra, le privatizzazioni si riveleranno comunque un massacro sociale, anche se un po’ più “soft”.

Naturalmente non viene presa nemmeno in considerazione l’idea di tagliare gli enormi sprechi e privilegi vari, oppure di prendere i soldi là dove ce ne sono, e pure in grande abbondanza.
Ad esempio, si continua a non voler contrastare seriamente la grande evasione fiscale. Si potrebbero tassare i grandi patrimoni, oppure le rendite finanziarie, oppure quantomeno una parte delle colossali ricchezze che la Chiesa Cattolica detiene in Italia, nonché il suo immenso giro d’affari e di interessi.

Naturalmente si finge di dimenticare il fatto che tutti i numerosi paesi che in passato hanno provato a ridurre il loro debito, attraverso massicci tagli alla spesa pubblica, sono andati incontro ad un clamoroso e totale fallimento (l’Argentina è solo il caso più noto), deprimendo fortemente la loro economia, riducendo in miseria la grande maggioranza della loro popolazione, compreso i cosiddetti “ceti medi”. E senza riuscire, nonostante tutto ciò, a ridurre significativamente lo stesso debito pubblico.

Mi sto sempre più convincendo che in questo contesto la prima cosa da fare è quella di riacquistare la nostra sovranità monetaria USCENDO DALL’EURO.
Certo, la sola uscita dall’euro non basta a risolvere i problemi di fondo, che sono dovuti alla crisi economica, effetto delle politiche liberiste degli ultimi decenni. Si tratta di una misura-tampone, che però, oggi come oggi si sta rivelando sempre più urgente.

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