A volte è veramente incredibile come
certe notizie vengono riportate, quasi fossero eventi inaspettati,
quasi fossero calamità naturali, sulle quali nessuno può farci
niente, tantomeno prevederli.
E' il caso della notizia arrivata
qualche giorno fa e che riporta i dati dell'Istat sull'aumento della
disoccupazione in Italia negli ultimi anni.
I dati riportano che nel Bel Paese
l'indice di disoccupazione è arrivato al 10,5% nel secondo trimestre
del 2012, aumentando di ben 2,7 punti percentuali, rispetto al 2011.
Un aumento veramente vertiginoso. Era dal 1999 che non si aveva un
dato così elevato.
E l'allarme riguarda soprattutto,
neanche a dirlo, la disoccupazione giovanile. Il tasso di
disoccupazione dei 15-24 enni è del 35%, con forte aumento dallo
scorso anno (in cui era già molto elevato).
Ancora più elevata è la
disoccupazione femminile. Quasi la metà delle giovani donne del
Mezzogiorno è in cerca di lavoro (48%).
Esiste un noto detto che recita così:
"vuole la botte piena e la moglie ubriaca", per indicare
chi non si rende conto che in molte circostanze, se si toglie da una
parte, si deve poi aggiungere dall'altra, altrimenti il risultato è
una perdita.
Sembra un discorso apparentemente
semplice e scontato, eppure, strano a dirsi, ma -fuor di metafora-
questo aumento della disoccupazione, risultato delle politiche
recenti (e meno recenti) e prevedibilissimo, coglie ufficialmente
tutti impreparati.
Negli ultimi 10 anni in Italia
assistiamo ad un continuo aumentare dell'età pensionabile. Dai
precedenti Governi Berlusconi al Governo Monti le riforme costringono
i lavoratori over 60 a dover lavorare ancora per diversi anni.
Ora, è chiaro che se io aumento l'età
pensionabile -a parità di lavoro- tolgo necessariamente occupazione
ad altri, e quindi ai giovani.
Questo a parità di lavoro. Purtroppo
il lavoro in Italia non è pari, ma sta diminuendo con gli anni e
quindi gli effetti sui giovani (e meno giovani) sono ancora più
devastanti.
Ma il problema non è soltanto l'età
pensionabile. Mancano gli investimenti produttivi.
O, meglio, ci sono, ma sono scarsi e
comunque molte aziende italiane preferiscono spostare la produzione
all'estero (delocalizzazione).
Perfino la FIAT, sta, a poco a poco,
smantellando le fabbriche sul territorio italiano. E questo, si badi,
dopo aver ottenuto per anni e anni miliardi di euro di aiuti dallo
Stato Italiano.
A differenza della Germania o di altri
paesi, l'imprenditoria italiana è particolarmente restìa ad
effettuare investimenti a rischio.
E tutto ciò produce disoccupazione. E
precariato.
E sì che nel nostro paese già dagli
anni '90 sono state realizzate diverse riforme del lavoro, le quali
in teoria dovevano servire proprio a favorire gli investimenti e, con
essi, a contrastare la disoccupazione.
A partire dalla cancellazione della
Scala Mobile, all'introduzione di varie forme di contratti a termine,
part-time, all'introduzione del lavoro interinale, e poi con forme
sempre più precarie, tipo le collaborazioni e i contratti a
progetto.
Il risultato è stato l'enorme crescita
del lavoro precario. Ma la disoccupazione è rimasta lì.
Anzi, aumenta.
A tutto ciò vanno aggiunte le ultime
manovre economiche del Governo Monti (tipo la "spending
review"). I cui futuri effetti recessivi sono stati lamentati
addirittura dal Presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi.
In realtà si potrebbe fare moltissimo
per combattere la disoccupazione, il precariato e rilanciare gli
investimenti produttivi. A cominciare dalla nazionalizzazione di
tutte quelle grosse imprese che stanno per chiudere o che sono in
crisi (e per le quali spesso lo Stato Italiano ha già speso
tantissimi soldi, con incentivi e aiuti vari). Lo Stato -il privato
non lo farà mai- può effettuare numerosi investimenti utili
(acquedotti, trasporto pubblico, ecc.) e che producono lavoro.
Ma perchè accada tutto ciò, andrebbe
rimessa completamente in discussione la filosofia economica che ha
mosso gli ultimi governi italiani, ossia, il neo-liberismo.
E' veramente triste il fatto che decine
di migliaia di giovani italiani (e spesso di cervelli) siano e
saranno sempre più costretti ad andare all'estero per trovare un
lavoro e per poter sperare in una sistemazione.
Ma sembra che l'unica cosa che
veramente importa ai governi sia il rispetto dei conti statali e il
calo del debito pubblico. Che però, nonostante ciò, aumenta lo
stesso. Assieme alla disoccupazione.
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