Recentemente si è parlato parecchio
del caso-Assange e del suo essersi rifugiato all'interno
dell'ambasciata ecuadoregna a Londra, nonché dell'accoglimento, da
parte dello Stato sudamericano, della sua domanda di asilo politico.
Ma, intanto, chi è Assange?
Molti di sicuro già lo sanno, ma forse
non tutti.
Julian Assange è stato protagonista
negli ultimi anni di una serie di rivelazioni -ottenute abilmente via
web- su documenti segreti americani e un po' di tutti gli Stati del
mondo e che vengono pubblicate sul sito di "wikileaks".
Naturalmente la pubblicazione di
numerosi documenti segreti non può che dare fastidio ad una serie di
governi, Stati Uniti in testa. Molti di quei documenti riguardano
infatti le guerre in Afghanistan e in Iraq.
La Gran Bretagna preme per avere
Assange, al fine di estradarlo in Svezia (dove è formalmente
accusato di reati sessuali). Ma il fortissimo sospetto è che dalla
Svezia Assange venga poi dirottato negli USA, dove rischierebbe
addirittura la condanna a morte, per divulgazione di materiale
segreto (e meno male che poi sarebbe la Cina a reprimere le voci
critiche...).
Dunque, Julian Assange si trova (nel
momento in cui scrivo) ancora nell'ambasciata dell'Ecuador.
Il quale si guarda bene dal consegnarlo
alle autorità britanniche, nonostante le fortissime pressioni da
parte degli inglesi. Arrivando a concedergli asilo politico.
Quest'ultimo fatto non solo non era per niente scontato, ma, anzi, costituisce una novità e un
evento storico notevole: soltanto fino a pochi anni fa era
impensabile che un piccolo Stato del Sudamerica (ma neanche uno
grosso) si rifiutasse di cedere alle richieste di un paese come la
Gran Bretagna, soprattutto, poi, quando si intuisce molto facilmente
che dietro tale richiesta ci siano gli Stati Uniti.
Tale decisione è stata veramente
coraggiosa e fa onore al nuovo Ecuador di Rafael Correa.
Questo episodio fa venire in mente il
recente comportamento del Brasile di fronte alla richiesta, da parte
dell'Italia, dell'estradizione di Cesare Battisti, accusato di
terrorismo, e rifiutata da parte del governo carioca.
Le forti proteste e l'indignazione del
Governo Berlusconi e di tanti italiani, apparentemente comprensibili,
in realtà lo sono molto di meno se si tiene presente che di rifiuti
simili (anzi, ben peggiori, soprattutto per i reati commessi)
l'Italia ne ha subiti a decine negli scorsi decenni. Solo che finché
sono la Francia, o gli USA o il Giappone a negarci l'estradizione di
terroristi, criminali e stragisti, passi. Ma quando lo fa il Brasile
-paese considerato (a torto) "inferiore" a noi- allora, e
soltanto allora, scatta l'orgoglio nazionale e il senso di
superiorità di essere un paese europeo (per modo di dire...).
Questi due episodi -quello dell'Ecuador
con la richiesta del Regno Unito e quello del Brasile con l'Italia-
sono emblematici di qualcosa che sta cambiando.
Oggi il continente sudamericano ha
smesso di essere ciò che è stato per secoli, ossia, il "cortile
di casa" degli Stati Uniti.
Il potente sviluppo economico, sociale,
politico e culturale che sta sempre più abbracciando l'America
Latina degli ultimi anni, sta portando delle trasformazioni veramente
epocali. Basti pensare, ad esempio, che il Brasile ha recentemente
sopravanzato l'Italia per la produzione industriale.
Il Sudamerica sta, finalmente,
scrollandosi di dosso quella subalternità agli USA e all'Europa che
l'aveva caratterizzata per lunghi secoli e fino a pochi anni fa.
Solo che, come spesso succede in questi
casi, molti da noi in Europa e in Occidente in genere, non se ne
stanno accorgendo, o -soprattutto- non vogliono o fanno finta di non
accorgersene. E continuano ad ostentare un senso di superiorità nei
confronti dei sudamericani, che, con il passare degli anni, sta
diventando sempre più anacronistico, se non ridicolo.
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