Perchè c'è tanta disoccupazione?
Perchè manca il lavoro, o è precario?
La risposta è semplice e complicata
allo stesso tempo: perchè non ci sono investimenti.
Per investimenti si intendono quelli
produttivi e/o per le infrastrutture necessarie (non sono
investimenti produttivi, ad esempio, le colate di milioni di metri
cubi di cemento con la relativa speculazione edilizia, o opere
faraoniche quanto inutili, come la TAV in Val di Susa o il Ponte
sullo Stretto di Messina).
Gli investimenti creano occupazione,
migliorano il tenore di vita della popolazione, alimentano i consumi
e fanno ripartire l'economia, generando ulteriore occupazione.
In Cina la crisi economica degli ultimi
anni (che si è sentita pure lì) è stata superata proprio grazie ad
un gigantesco piano di investimenti e all'aumento del salario deciso
dal governo.
Solo che lì governa un partito
comunista. Da noi no: governano le banche!
Sorge una domanda: chi deve fare gli
investimenti?
In teoria dovrebbero essere gli
imprenditori privati a farli, dato che viviamo un una società
capitalistica (e che tanto esaslta i privati).
Ma scordiamocelo!
Gli imprenditori (tranne poche
eccezioni) investono soltanto quando hanno ottime prospettive di
realizzare profitti a breve termine. Altrimenti se ne guardano bene.
E in modo particolare quelli italiani, i quali brillano per mentalità
"bottegaia" e una pressocchè totale assenza di
lungimiranza.
A questo si aggiunge il fatto che oggi
le banche tendono a chiudere sempre più i rubinetti finanziari agli
imprenditori.
Quindi, tocca allo Stato investire.
Così è stato negli anni '30 (vedi Keynes).
Potrebbe sembrare assurdo che gli Stati
debbano investire, quando abbiamo il problema del debito pubblico da
risolvere. Ma non lo è affatto.
Ora, a parte il fatto che il debito
pubblico non è necessariamente un problema (non lo è stato per
tanti anni), c'è da dire che se l'economia dovesse ripartire grazie
agli investimenti, il problema del debito pubblico si può quantomeno
contenere.
Maggiori investimenti significano,
infatti (come già detto) più lavoro, più consumi e quindi alla
fine si traducono in maggiori introiti per lo Stato. Sia sotto forma
di maggiori entrate fiscali, sia come acquisto di titoli di Stato.
E fin qui siamo alla visione
keynesiana.
Il discorso marxista è un po' diverso
e più profondo e analitico.
Per Marx, la disoccupazione (che chiama
"esercito industriale di riserva") è connaturata al
capitalismo. Il capitalismo produce spontaneamente disoccupazione e
se ne serve per mantenere bassi i salari (grazie al classico ricatto:
o accettate basse paghe e/o ritmi di lavoro pesanti, oppure vi
licenzio; tanto è pieno di disoccupati che sono pronti a prendere il
vostro posto).
Soltanto con il superamento del
capitalismo e, quindi, della produzione per il profitto, si potrà
distribuire il lavoro a più persone possibile ("lavorare meno,
lavorare tutti") e ad eliminare definitivamente la piaga della
disoccupazione.
Il problema è che oggi in Europa
comandano le banche (e soprattutto la BCE). E queste rifiutano
categoricamente una soluzione di tipo keynesiana. Figuriamoci quella
socialista-anticapitalista.
E quindi o ci rassegnamo allo
strapotere dittatoriale bancario -Monti ci è stato imposto da
queste- accettando la disoccupazione (nonchè la precarietà e il
supersfruttamento di chi ha la "fortuna" di lavorare),
oppure ci organizziamo per cambiare le cose.
E per cambiare le cose, non ci sono
scorciatoie: occorre LOTTARE. E organizzarci.
Non serve correre dietro l'uomo forte,
o il grande leader carismatico e neppure agli "urlatori" di
professione. Specie se non è chiaro dove vogliono arrivare.
Bisogna lottare, ma in modo
organizzato, intelligente e con coscienza.
Per questo serve -sò di essere
tremendamente controcorrente- un PARTITO.
Sì: un partito!
Un partito con un programma chiaro e
coerente.
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