Ormai è dal settembre scorso che
l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori (quello che prevede il
reintegro nel posto di lavoro per il lavoratore licenziato senza
giusta causa) è stato -di fatto- cancellato.
Ci aveva già provato Berlusconi nel
2002, ma la reazione della CGIL e di tre milioni di lavoratori scesi
in piazza lo costrinse a desistere.
Oggi il Governo Monti, con la
complicità sia del PD, che del PDL c'è riuscito: con la (contro)
riforma Fornero il lavoratore ingiustamente licenziato riceve un
indennizzo (ossia, riceve lo stipendio per 2 anni), che però non è
certo la stessa cosa che mantenere il posto di lavoro.
Per anni e anni vari personaggi
(imprenditori soprattutto, ma anche economisti e politici di fede
liberista) hanno tuonato contro l'articolo 18, ritenendolo la causa
di tanti problemi economici e della mancanza di investimenti, sia
italiani, che stranieri, nonchè della disoccupazione.
Ora, quindi, ci si aspetterebbe che,
cancellato, almeno nella sua essenza, l'articolo 18, frotte di
investimenti sarebbero dovuti piombare sull'Italia, portando con sè
nuova occupazione. In questi mesi qualche primo effetto si sarebbe
già dovuto vedere.
E invece, niente!
Qualche risultato, per la verità, si
vede, ma di segno opposto: la disoccupazione aumenta.
Gli ultimi dati sono veramente
allarmanti: 37,1% di disoccupazione giovanile.
Certo, l'aumento della disoccupazione,
così come la mancanza di investimenti e la chiusura di non poche
aziende, negozi, laboratori, ecc., non è causata da tale
provvedimento. Questo fenomeno è legato alla crisi economica,
connaturata al modo di produzione capitalistico. Il cosidetto "libero
mercato" (che tanto libero poi non è) genera crisi,
disoccupazione, de-industrializzazione, ecc.
Ma in tale contesto, le misure del
Governo Berlusconi prima e di quello Monti poi, hanno sicuramente
aggravato gli effetti negativi di questa crisi.
La cancellazione dell'articolo 18 non
ha risolto e non risolverà nessuno di questi problemi e, a dispetto
di tante chiacchiere interessate, meno che mai produrrà un
incremento dell'occupazione.
Creerà, semmai, un altro effetto, ed è
proprio quello che desiderava la classe imprenditoriale italiana -una
tra le più incapaci d'Europa- e i vari economisti ai suoi servizi:
l'aumento della ricattabilità del lavoratore. E, di conseguenza, il
suo sfruttamento.
E' un altro tassello che si va ad
aggiungere al boom dei vari contratti precari, generato dalla legge
Treu prima e dalla L. 30 poi. Col risultato che ormai la grande
magioranza dei lavori -soprattutto giovanili- sono con contratti
precari (i quali avrebbero dovuto in teoria anch'essi -stando a ciò
che si diceva-portare ad un aumento dell'occupazione).
Che l'articolo 18 non creava problemi
alla crescita economica e all'occupazione è dimostrato, tra l'altro,
dal fatto che dopo che è entrato in vigore lo Statuto dei
Lavoratori, nel 1970, in Italia il PIL è stato in continua crescita
per tutti gli anni '70 e '80.
Speriamo che riesca ad andare in porto
il referendum per il ripristino dell'articolo 18. Lo scioglimento
delle camere effettuato dal Presidente Napolitano rischia di rendere
inutile la raccolta di firme di questi mesi scorsi.
attendo pazientemente (poco..) il 25 febbraio
RispondiEliminaciao
Io voterò la Lista Ingroia. Oggi, con le catene che ci hanno messo (fiscal compact, pareggio di bilancio in costituzione, ecc.) si può ragionevolmente puntare soltanto ad una (seria) opposizione.
RispondiEliminaCiao