La morte di Fidel Castro ha suscitato,
com'era inevitabile, una vasta eco e una fortissima emozione un po'
in tutto il mondo.
E' difficile negare, infatti, la
statura gigantesca di un simile personaggio, e ciò a prescindere
dall'orientamento politico delle persone e dal conseguente giudizio
che si possa dare su di lui.
Le reazioni dei soggetti politici
nonché dei mass-media sono state eterogenee: dagli entusiasti
sostenitori ai più critici, passando per numerose sfumature (del
tipo "sì, voleva essere un rivoluzionario, ma poi ha finito per
diventare un dittatore", o simili).
In Italia, come nel resto dei paesi
euro-atlantici, sono nettamente prevalsi i giudizi critici, anche se
per lo più si tratta di critiche sottili, visto il prestigio di cui
giustamente gode l'ex leader cubano. Cosa tutto sommato normale e
logica, dato che stiamo parlando di paesi capitalistici e
-soprattutto dopo l'89- dominati da logiche liberiste, e quindi
anti-comuniste per definizione.
La più grande critica rivolta a Castro
è anche quella più ovvia, banale e scontata, ossia, che egli è
stato un dittatore e che ha governato Cuba in modo dispotico,
repressivo e negando la libertà ai suoi cittadini.
A riprova di ciò si tirano in ballo le
decine di migliaia di cubani, i quali, in questi decenni, sono
scappati dall'isola, per approdare negli Stati Uniti.
Per il resto, le critiche vertono sulle
condizioni di povertà e sulle carenze sia di prodotti, sia
tecnologiche che ci sono sull'isola caraibica.
Sul sistema politico cubano -che da noi
viene superficialmente liquidato come "dittatura"- va
innanzitutto detto che tutti gli incarichi istituzionali sono
soggetti ad elezioni ogni due anni e mezzo (e possono essere nel
frattempo revocati). I candidati sono, di norma, cittadini non
iscritti al Partito Comunista.
Qualcuno ora storcerà il naso, per il
fatto che lì esiste solo quel partito. Su questo andrebbero spese
due parole.
Intanto andrebbe indagato quanto il
"pluripartitismo" dei paesi occidentali sia davvero più
democratico, considerando che in numerosi paesi -USA in primis- sulle
politiche di fondo (liberismo, guerra) i partiti dell'alternanza
sono, di fatto, indistinguibili tra di loro, e che per vincere una
campagna elettorale e andare a governare occorrono moltissimi soldi,
e dunque chi vince o è straricco di suo, oppure è costretto ad
essere finanziato (e quindi manovrato) dalle grandi lobbies.
Che poi in un paese come Cuba ci sia un
certo controllo -ma molto meno di quanto si vuole far credere in
Occidente- è anche logico, se consideriamo che Cuba, da quando c'è
stata la rivoluzione, è un paese sotto assedio, ed è stato oggetto
di numerosi attacchi e sabotaggi di vario tipo. Non si contano, ad
esempio, i tentativi della CIA di far fuori lo stesso Fidel Castro.
Tutti falliti (ci sarebbe tra l'altro da chiedersi come mai gli USA
hanno, invece, sempre mantenuto ottimi rapporti con tutte le altre
dittature sudamericane, anche quelle più feroci e sanguinarie).
Se nell'isola ci fossero più partiti,
sarebbe un gioco da ragazzi, per i ricchissimi USA, finanziare a suon
di miliardi uno di questi, ovviamente quello più anti-castrista e
magari pure infiltrato di elementi della CIA (ciò è effettivamente
accaduto in Nicaragua e da altre parti), e far sì che questo partito
prevalga. Il neo-colonialismo oggi funziona così.
Sui cubani che fuggono dal loro paese
c'è un fatto curioso. Non mi risulta che nemmeno uno di loro sia mai
scappato dall'isola per approdare in paesi "liberi" o
"democratici" quali ad esempio il Messico, o il Guatemala,
o Haiti (quest'ultima si trova anche assai più vicina a Cuba che non
la Florida). Magari per andare a vivere in una squallida baraccopoli
locale, tra miseria e criminalità. Ma d'altronde se uno cerca
soltanto "la libertà", ed è coerente, dovrebbe accettare
anche questo.
Viceversa, i cubani fuggitivi vanno
tutti nella ricca Florida. Ossia, negli USA, dove, a differenza degli
altri latinos, sono ben accolti e aiutati economicamente, per ovvi
motivi politici.
Questi cubani (tra cui non pochi
criminali e mafiosi) si comportano esattamente come fanno tutti gli
altri popoli latino-americani (e africani e asiatici), ossia, fuggono
attratti dal denaro e dal benessere occidentale. La libertà è
l'ultimissima cosa che cercano.
Sul discorso della povertà e delle
carenze tecnologiche, c'è da ricordare -e da sottolineare- che Cuba
risente quantomeno di due potenti fattori.
Il primo riguarda un po' tutti i paesi
latino-americani (e non solo), ossia l'essere stato per secoli un
paese colonizzato e sfruttato, prima dagli spagnoli e poi dagli
statunitensi.
Il secondo, e forse ben più grave, è
il brutale e assurdo blocco economico che gli yankees hanno loro
imposto unilateralmente e che dura da oltre 50 anni . Tale embargo
purtroppo, ha nuociuto tantissimo allo sviluppo di Cuba sotto tanti
aspetti (tecnologico, scientifico, medico, ecc). La stessa
iconografia di Cuba, dove si vedono ancora in giro le automobili
degli anni '50, è emblematica di tale assurda misura.
Ciò che dovrebbe veramente sorprendere
di un paese come Cuba non è la relativa povertà del luogo, ma,
viceversa, il fatto che in condizioni così tremendamente difficili,
siano riusciti ad ottenere numerose conquiste, sociali, economiche,
scientifiche e mediche.
Stiamo parlando dell'unico paese
dell'America Latina dove non esistono baraccopoli, quindi dove tutti
i cittadini hanno una casa, dove tutti i bambini vanno a scuola
(invece di girare per le strade, dove imperversano bande di
criminali, droga e prostituzione), dove l'assistenza sanitaria è
garantita a tutti ed è pure di ottimo livello (Cuba esporta medici
in varie parti del mondo, specie là dove ci sono state calamità
naturali). E dove la fame non esiste.
La grandezza di un personaggio come
Fidel Castro si vede da tutte queste cose.
Nel periodo 89-91, in cui venne meno il
socialismo reale, nonché la principale fonte di scambi economici e
di aiuti per Cuba (ossia, l'URSS), tutti pensavano che anche il
socialismo cubano avrebbe finito presto per cedere alla vittoria del
capitalismo. In tantissimi l'hanno sperato.
Contro ogni previsione, invece, e
nonostante innumerevoli difficoltà, la Rivoluzione Cubana ha
resistito.
Una scelta non solo in forte
controtendenza, ma anche estremamente coraggiosa. Grazie alla quale
Cuba non è ritornata ad essere il bordello degli USA (com'era prima
del 1959, anno del successo della rivoluzione) e il popolo cubano ha
mantenuto una dignità e una coscienza, purtroppo sconosciute a tanti
altri popoli (italiano compreso).
Fidel Castro è stato un gigante. Un
vero e proprio esempio per milioni e milioni, forse miliardi di
persone oggi umiliate, povere e sottomesse.
Una dimostrazione che anche in
condizioni difficili lottare contro il potere, contro il capitalismo,
contro una superpotenza prepotente come gli USA è possibile.
Ecco perché da noi in occidente si
cerca, anche molto sottilmente, di screditarlo.
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