Per
“sinistra” –nel suo concetto politico originario e tuttora valido in quasi
tutto il mondo, tranne che da noi- si intendono quelle politiche in difesa dei
lavoratori (e, più in generale, dei ceti popolari) dalla grande borghesia.
Ossia,
la sinistra è quella che ci dovrebbe difendere dagli attacchi di quella classe
dirigente, oggi concentrata soprattutto nelle grandi banche e nelle
multinazionali (o transnazionali), cioè nel grande capitale finanziario. Che è
quella che in definitiva ha il potere maggiore e che domina la politica, come
s’è visto in modo molto evidente l’estate scorsa con le vicende relative alla
Grecia.
Infatti,
il governo del “socialista” (altro termine completamente stravolto) Francois
Hollande ha fatto l’esatto opposto di quella che dovrebbe essere in teoria una
politica di sinistra.
E
quindi, ad esempio, nulla ha fatto per contrastare le dinamiche che stanno
indebolendo e disgregando il tessuto produttivo d’oltralpe (cosa che accade
anche da noi in Italia), grazie alle delocalizzazioni e alla conseguente
de-industrializzazione, oltre che alla crisi economica (la quale potrebbe
essere efficacemente contrastata da altre politiche economiche, che però
nell’Europa di oggi sono tabù).
Tutto
ciò si ripercuote nella società francese con la perdita di migliaia e migliaia
di posti di lavoro, aumento della disoccupazione, della precarietà e in
generale con il peggioramento delle condizioni di vita dei ceti popolari.
Tali
dinamiche sono poi ulteriormente amplificate dalla forte immigrazione (anche di
italiani) in quel paese, fattore che oggettivamente produce una concorrenza tra
lavoratori “autoctoni” e “stranieri”.
Hollande
–come Sarkozy- ha inoltre portato avanti una politica guerrafondaia,
intervenendo militarmente in diversi scenari, soprattutto nel Mali (Africa
Centrale) e recentemente anche in Siria, in risposta ai recenti attentati
(chissà, forse fatti apposta) a Parigi.
A
ciò si vanno ad aggiungere gli attentati terroristici e il clima di
islamo-fobia (così ben alimentato dalle distorsioni mass-mediatiche), se non
proprio di xenofobia, che si sta diffondendo.
Il
sentimento anti-europeo (e, mi pare, sempre più anche anti-NATO) di per sé è
positivo, se consideriamo il fatto che l’Unione Europea (e soprattutto l’euro)
è stata plasmata per seguire gli interessi del capitale finanziario e a danno
dei lavoratori e delle popolazioni. E quindi questi ultimi se ne stanno
chiaramente rendendo conto.
Il
problema è che questi giusti sentimenti vengono strumentalizzati dalle varie
forze di destra o qualunquiste, le quali non hanno –e non possono avere- un
vero e proprio progetto di trasformazione sociale in senso progressista, ma si
limitano ad una generica difesa nazionalistica (in un mondo che si sta
globalizzando), arrivando in alcuni casi ad incitare alla guerra fra poveri
(che ai ricchi fa tanto comodo). Oppur, come nel caso del M5S, ad un “governo
degli onesti”, che suona tanto bene, ma è poco chiaro e lascia spazio a mille
interpretazioni (per quanto riguarda le scelte politiche). Anche perché la
critica ai “politici disonesti” è superficiale e non va a sviscerare a fondo il
problema centrale dei rapporti economici e di classe.
La
lotta contro le politiche liberiste (di cui l’UE e la BCE sono capisaldi) è e
deve ridiventare patrimonio della vera sinistra, quella che difende i
lavoratori e i ceti popolari.
E,
allo stesso modo, la lotta per uscire fuori dalla NATO e dalle politiche
guerrafondaie, che sono proprio quelle che in questi anni hanno alimentato il
terrorismo (piuttosto che combatterlo, vedi Afghanistan, Iraq, Libia e Siria).
Troppo tardi per commentare, ti lascio tanti auguri sperando che la sinistra riesca in qualche modo a compattarsi. Buon Anno!
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