L’hanno fatto con le loro residenze, con le loro tombe, nel loro modo di vestirsi, di mangiare, di parlare, nelle loro abitudini, ecc.
E così abbiamo le piramidi faraoniche, i palazzi imperiali, i castelli, le regge alla Versailles, le sontuose ville, il lusso, lo sfarzo, ecc.
Pure il potere religioso non è stato esente da questo comportamento, costruendo grandi templi, moschee, basiliche e cattedrali, le quali avevano un’importante funzione in termini di psicologia politica: quella di far sentire la gente comune “piccola”, umile e debole nei confronti di Dio, e –più concretamente- nei confronti delle gerarchie clericali.
Addirittura si è arrivati a dire che l’aristocrazia avesse “sangue blu”, come a dire che i nobili erano diversi dal popolo anche fisiologicamente.
Questa
tendenza a distinguersi dal popolo è iniziata gradualmente ad entrare in crisi
tra la fine dell’800 e i primi decenni del ‘900.
La
lotta di classe, sempre più forte ed organizzata, la nascita delle democrazie
di massa e lo sviluppo dei partiti socialisti, popolari e comunisti ha, a poco
a poco, convinto il potere a mutare atteggiamento. O almeno alcuni settori del
potere, quelli più esposti apertamente all’opinione pubblica.
Oggi
la tendenza dei leaders è quella di apparire sempre più come persone “del
popolo”.
L’Italia
vanta ormai una certa tradizione in questo campo, avendo espresso un pioniere
di tale tendenza, ossia Benito Mussolini.Il “duce”, nelle sue uscite pubbliche, si sforzava di presentarsi in modo molto differente dal classico borghese intellettuale e “perbene”, ostentando un’immagine infarcita di atteggiamenti un po’ militareschi e un po’ popolari rozzi, fino ad arrivare al noto “me ne frego!” (poi, certo, aveva scelto come sua residenza l’aristocraticissima Villa Torlonia…quando si dice la coerenza!).
Per
rimanere in Italia, lo “scimmiottamento” di atteggiamenti “popolari” è
riesploso –non a caso- dopo il famoso ’89, con l’avvento della Seconda
Repubblica.
Invano
si cercherebbero espedienti simili in quei grandi dirigenti politici
–Berlinguer, Pertini, Togliatti, Longo, Nenni (ma anche De Gasperi, Moro,
Andreotti), ecc.- i quali rappresentavano veramente i lavoratori e i ceti
popolari. Ma questi erano a capo di partiti radicati nel popolo e non avevano
bisogno di scimmiottarlo.
Tornando
alla II Repubblica, l’esempio più significativo tra i leaders politici che
imitano comportamenti “popolari” è stato sicuramente quello di Silvio
Berlusconi. Le sue quotidiane battute, i gesti (anche volgari), perfino le sue
gaffes, facevano parte di una tecnica comunicativa ben studiata, tale da farlo
apparire come un uomo “del popolo”, e quindi una persona spontanea e distante
dalla “casta” dei politici di professione (considerati tout-court “falsi”). E
quindi un uomo concreto e vicino agli interessi del popolo.
Un
altro maestro nel campo è stato Umberto Bossi, su cui è inutile spenderci
troppe parole. Stesso discorso per un comico come Beppe Grillo, tra l’altro
coadiuvato –non a caso- da un grande imprenditore della comunicazione come
Casaleggio.
All’estero,
o quantomeno nei paesi europei, tale tendenza sembra essere assai più ridotta.
Un
po’ più marcata, invece –ma non ai livelli italiani- la troviamo negli Stati
Uniti. Anche negli States esiste una certa retorica a proposito dei presidenti
“popolari” e infatti abbiamo avuto diversi presidenti che non provenivano dal
ceto politico tradizionale (tipo Carter, che coltivava arachidi, o Reagan,
attore).
Chi
invece ha imparato bene la “lezione” (forse perché la sua sede è pur sempre in
Italia) è la Chiesa Cattolica.
Il
primo protagonista di tale tendenza è stato sicuramente Papa Wojtyla. I
mass-media ce l’hanno sempre presentato come un ex operaio e come una persona
molto “umana”.A partire dal gesto –sicuramente studiato- di baciare in terra nei luoghi che egli visitava. Poi, Wojtyla lo si è visto scendere in una miniera con tanto di elmetto e fare numerosi gesti “da gente comune”, tipo andare a sciare e tant’altro.
Tutto ciò serviva a divulgare l’immagine di una persona “del popolo” e umile.
Papa
Ratzinger si prestava poco a tale meccanismo (chissà se è stato sostituito
anche per questo motivo).
Viceversa,
Papa Bergoglio sembra proprio tagliato a tale scopo, con il suo viso da
“buonaccione”.E alcune “rinunce” (puramente esteriori) hanno fatto il resto: oggi egli appare essere una persona buona e che incarna lo spirito di una chiesa, che vorrebbe cambiare e diventare più umile.
In
realtà la Chiesa Cattolica continua ad essere un impero economico di dimensioni
molto più che “faraoniche”. Basti pensare che, solo in Italia, detiene a vario
titolo almeno un quarto di tutte le proprietà immobiliari del paese e possiede
hotels, negozi, ospedali, scuole, ristoranti e tantissimo altro, per un giro
d’affari semplicemente colossale. Tutto (o quasi) esentasse. Alla faccia
dell’umiltà!
Comunque
sia, al di là di tutto, il fatto che il potere di oggi tenda a “mascherarsi” e
ad apparire più popolare e meno aristocratico e faraonico, è, in sé, un fatto
positivo, poiché testimonia del fatto che i ceti popolari hanno acquisito
maggiore importanza e considerazione nell’ultimo secolo e mezzo.
Ma
non basta: affinché i ceti proletari imparino a non farsi ingannare dal potere
“mascherato”, occorre che facciano –in sintesi- due cose: lottare e istruirsi.
Sono
l’ignoranza e la passività gli elementi che impediscono a questi settori della
società di prendere coscienza della realtà e che permettono di farsi ingannare da chi fa finta
di essere uno di loro (di solito per sfruttarli meglio).
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