Ciò
ha contribuito –assieme ad altri fattori- a spingere gran parte di ciò che è
rimasto della sinistra italiana ad una riflessione e ridefinizione di sé
stessa, tentando anche di superare, per quanto sia possibile, le vecchie
divisioni.
Anche
perché la concorrenza della Lega di Salvini e del Movimento 5 Stelle è
fortissima e il rischio è che il già vastissimo bacino elettorale che queste
due forze –soprattutto il M5S- hanno risucchiato alla sinistra negli ultimi
anni, si allarghi ancora di più (oppure che cresca ulteriormente
l’astensionismo).
Eppure,
nonostante tanti buoni propositi, anche questa volta il tavolo delle trattative
tra le varie forze/soggetti di sinistra s’è rotto (Sinistra Italiana da questo
punto di vista si limita ad essere un fenomeno praticamente solo
parlamentare/istituzionale).
Perché?Formalmente ciò è accaduto perché Rifondazione Comunista non ha accettato la richiesta di sciogliersi come partito.
Ma in realtà tale richiesta, peraltro assurda e incomprensibile, nasconde il rifiuto a discutere sulle questioni veramente dirimenti, a cominciare dal rapporto col PD. Soprattutto la componente istituzionale di Sinistra Ecologia e Libertà non ha intenzione di rompere col PD e di rimettere in discussione la sua permanenza in numerose giunte locali assieme a tale partito.
Ma
dietro tale aspetto ce n’è un altro ancora più profondo –a mio avviso- e di cui
ho trattato più volte in diversi articoli sul blog: la perdita di significato che
il concetto (politico) di “sinistra” ha subito in Italia negli ultimi decenni.
Ossia,
che una politica di sinistra debba sostanzialmente difendere gli interessi dei
ceti popolari e dei lavoratori A DISCAPITO di quelli delle grandi lobbies
economiche (politiche, militari, ecc.) è chiaro in quasi tutto il mondo. Ma non
nell’Italia di oggi.Dunque, una politica che sia veramente di sinistra è incompatibile con le misure neoliberiste e di austerity a cui ci costringe l’Europa, nonché con quelle guerrafondaie ed interventiste imposte soprattutto dagli USA.
Ora,
la ricostruzione di una sinistra che si possa veramente considerare tale
richiede oggi in modo imprescindibile quantomeno una discussione ed un
confronto su queste tematiche.
Anche
perché in Italia la situazione economico-lavorativa è devastante e peggiora
sempre più (checché ne dicano le dichiarazioni, ridicole quanto
propagandistiche, del nostro presidente del consiglio).E il malessere sociale e il malcontento sono in continua crescita. Ed è a tutto questo che va data una risposta, altroché “Rifondazione si deve sciogliere”.
Anzi,
dirò di più: alla luce della dura sconfitta che ha subito l’estate scorsa il
pur generoso tentativo del Governo Tsipras di contenere le pesanti richieste di
tagli da parte della BCE e di risparmiare al popolo greco un ulteriore misura
di massacro sociale (dopo quelle già pesantissime degli anni precedenti),
andrebbe messa all’ordine del giorno un’altra questione, quella dell’euro.
L’introduzione
di questa valuta lungi dal realizzare una maggior integrazione economica,
politica e culturale tra i popoli europei, ha prodotto, viceversa, maggiori
diseguaglianze, aumento degli squilibri e maggior diffidenza e lontananza tra
essi. Oltre ad un generale impoverimento di un po’ tutti.
Pur
rimanendo convinto che il mero ritorno alle valute nazionali –come agitato
demagogicamente dalle forze politiche conservatrici- non basterebbe di certo a
risolvere molti problemi, è importante tuttavia, ragionare su come un governo
(progressista) possa riassumere il controllo della propria moneta, condizione
indispensabile per qualsiasi politica di rilancio economico, dell’occupazione e
di benessere sociale.
Tutto
ciò è di fatto impossibile con una moneta controllata dalla BCE, la quale ha,
come s’è visto, una potentissima leva di ricatto per imporre a tutti i paesi le
sue politiche, a prescindere dai governi e dai parlamenti eletti dai popoli e
perfino –Grecia docet- dai referendum.
Ritornando
alla sinistra italiana, se si vuole ricostruire e unire una forza veramente di
sinistra, occorre discutere di questi temi, quindi del malessere sociale, della
disoccupazione, del precariato, delle pensioni, scuola, sanità, ecc. Serve
capire come venire incontro alla crescente sofferenza dei ceti popolari. E per
far ciò bisogna sbarazzarsi di tutto l’impianto liberista. A cominciare dal PD,
che ne è il cardine.
Il
resto sono chiacchiere o becero politicismo e tatticismo.