Qualcuno ha parlato addirittura di colpo di Stato. Potrebbe sembrare una “sparata” e di sicuro è un’esagerazione. Ma non ci siamo nemmeno troppo lontani, considerando intanto il fatto che Renzi è stato eletto soltanto come segretario del Partito Democratico e non certo come Presidente del Consiglio e per giunta non è neanche un parlamentare.
Ma, a parte questi metodi molto poco democratici che si stanno affermando in Italia (più o meno la stessa dinamica è accaduta con la nascita del Governo Monti), qui il problema è capire che cosa cambierà ora che Letta è stato sostituito da Renzi.
Premesso
che non ho mai nutrito grossa simpatia per uno come il Sindaco di Firenze, il quale
è sempre stato considerato un esponente della destra PD (come se il PD non
fosse già di per sé abbondantemente a destra, almeno in termini di politiche
economiche). Per giunta passa per essere vicino a Berlusconi.
Le
sue prese di posizione di qualche anno fa per l’abolizione della Festa del
Lavoro, il 1 maggio, di sicuro hanno peggiorato il mio giudizio su di lui.Ma, come sempre, nella realtà le cose non sono così semplici e schematiche.
In
Italia ormai s’è affermata una visione della politica molto personalistica
(siamo forse l’unico paese europeo che ha assorbito quasi completamente la
cultura e i metodi politici statunitensi, da bravi “sudditi”).
Tale
visione ci porta a dare erroneamente una enorme importanza al personaggio che
va ad occupare posizioni di potere.Ma se negli stessi USA il presidente è strettamente legato alle potentissime lobbies economico-militari-finanziarie, in Italia le cose non sono molto diverse.
Ora,
consideriamo il fatto che sia Enrico Letta che Matteo Renzi hanno dietro di sé
le grandi lobbies industriali-finanziarie: Letta è membro della Trilateral
Commission (una sorta di massoneria ultra-liberista egemonizzata dagli USA) e
ha partecipato a riunioni del Gruppo Bilderberg (altra massoneria, più segreta
della prima), mentre Renzi ha origini democristiane e suo padre, Tiziano Renzi,
grande imprenditore e possidente, pare abbia fatto parte della massoneria.
Stando
così le cose il problema è capire per quale motivo c’è stato questo cambio al
vertice e se ciò possa riflettere o meno uno scontro di potere.
Ossia,
ciò che sta accadendo potrebbe essere dovuto, semplificando, a due fattori. Il
primo, è che i due personaggi riflettano sostanzialmente gli stessi settori
economico-sociali (i cosiddetti “poteri forti”), i quali, delusi dalle prudenze
e “lentezze” di Letta nel portare avanti le politiche di austerità, richieste
dall’Europa delle banche, si sarebbero rivolti a Renzi, il quale appare essere
molto più deciso e “dinamico”.
Non
è però nemmeno da escludere che ci sia uno scontro di potere tra settori
diversi di capitale finanziario, o tra grande borghesia finanziaria
internazionalizzata da una parte e medio-alta borghesia italiana poco
finanziarizzata ed internazionalizzata. Renzi potrebbe anche rappresentare una
possibile mediazione tra queste due forze.Non sono in grado di fare questo tipo di analisi, che richiederebbe ben altre conoscenze. Ma tengo a sottolineare che sono queste le questioni che una sinistra SERIA dovrebbe porsi.
Un’altra
questione, ovviamente legata ai discorsi di cui sopra, e che però ci riguarda
direttamente, è quella di cercare di capire quali misure di politica economica
il Governo Renzi intenda attuare.
Non
ci sono dubbi, infatti, che il (non ancora ex) sindaco di Firenze intende
“picchiare forte”. Ma “picchiare” chi?
I
ceti popolari sono già stati abbondantemente “picchiati” nei decenni scorsi e
oggi in Italia abbiamo il costo del lavoro fra i più bassi di tutta Europa e
elevatissimi livelli di precarietà e non poca disoccupazione. Inoltre, il grado
di conflittualità dei lavoratori è bassissimo, per non parlare della ormai
totale assenza di rappresentanza parlamentare dei ceti popolari.
Certo,
i ceti popolari si possono “bastonare” ancora di più e non credo che Renzi (e
chi lo sostiene) si faccia grossi scrupoli a farlo.
Ma
non è neanche detto che l’attacco questa volta non possa essere rivolto ai
cosiddetti “ceti medi”, che in Italia rappresentano uno strato sociale molto
sovradimensionato (rispetto a tutti gli altri grandi paesi europei). E che
rendono l’economia italiana particolarmente debole e scarsamente competitiva
con l’estero.Il “nanismo industriale” del Bel Paese, infatti, è un evidente ostacolo nello sviluppo tecnologico e della ricerca, dato che ha sempre prosperato sul basso costo del lavoro (nonché sulla sua estrema precarietà), e sull’evasione fiscale.
Nei
prossimi mesi ne sapremo qualcosa di più.
Una
cosa è certa: se anche ci dovessero aspettare tempi durissimi, ciò non è dovuto
al fatto che ora c’è Renzi. Renzi non è altro che il perfetto risultato finale
di tutto il percorso che ha portato negli scorsi decenni dal PCI al PdS, ai DS
e al PD.